Dall’esordio di “Shuffletown” (1990), bellissimo mix di atmosfere folk con accenni jazz, Joe Henry ha pubblicato nel corso degli anni novanta diversi dischi spaziando dal country-rock di “Short man’s room”, insieme ai Jayhawks a quello più morbido di “Kindness of the world”, fino a contaminare il suo approccio cantautorale con suoni moderni a lui estranei; tutti buoni dischi ma nessuno all’altezza dell’opera prima.
Dietro alla consolle del nuovo lavoro troviamo Craig Smith e lo stesso Joe Henry ed il risultato è davvero notevole.
Con “Scar” c’è un ulteriore evoluzione, la produzione e nello stesso tempo moderna e tradizionale, molto raffinata, per un disco notturno dove dominano atmosfere jazz dal sapore retrò ma nello stesso tempo contemporaneo e mai anacronistico.
L’inizio è dei migliori con Richard Pryor addresses a terful nation, una slow ballad lentissima dove poche note di piano introducono subito l’ascoltatore nell’immaginario notturno e malinconico intorno a cui e costruito il disco, brano che che si conclude con uno straordinario assolo di sax tenore che richiama la migliore tradizione jazz. Con la seguente Stop (uno dei brani più movimentati del disco), entriamo in un clima che potremmo definire mittle-europeo, che richiama sonorità care al Tom Waits di “Rain Dogs” e soprattutto di “Frank’s wildYears”, ritmiche ricercate, chitarre claudicanti e archi che ci trasportano in un epoca indefinita, racchiusa in un universo parallelo dove la realtà si confonde con il sogno, ritrovandoci in un vecchio film in bianco e nero ad amoreggiare e danzare con il fantasma di un’attrice ormai dimenticata.
Non vorrei dilungarmi troppo nella descrizione delle singole canzoni, diventerei prolisso e noioso preso nella morsa sensuale e magnetica delle successive Mean flowers e Struck, dolci e ammalianti, per non parlare di Lock and key e Cold enough to cross con il piano in evidenza e il contrabbasso a cerare le due canzoni più jazz dell’album.
Un disco difficile al primo ascolto, ma che pretende il secondo, il terzo, il quarto …………, fino a quando ne sarete succubi.
Voto: 8
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