E’ sempre molto difficile ottenere risultati originali quando ci si imbatte in lavori prettamente solistici. In un panorama sempre più variegato creare e disegnare, se è permesso, atmosfere intimistiche può risultare pericoloso per chi le esegue e noioso per chi le ascolta. Klaus Janek credo abbia riflettuto a lungo su questo. “Caspar” non si presenta interamente come lavoro omogeneo ed accademico, ma al contrario attrae per piccole variazioni di percorso che attraversano tutto il cd. All’inizio Part 1 e Part 2 mostrano effettivamente la vena più sperimentale e corrosiva del contrabassista. Suoni velocissimi e urticanti sembrano trovare quiete solo inPart 3 dove entra in gioco la voce a fare da contraltare ad un ritmo decisamente jazzato. A mio parere solo in Part 4 e Part 6 emerge la vena più misteriosa e articolata di Janek. Venti minuti dove lo strumento sembra scomparire del tutto e diventare una vera e propria fabbrica di suoni per niente riconoscibili e riconducibili ad una sola persona; disorientamento uditivo. Echi rinascimentali e classici si odono in Suite crescendo / e / battendo / cantando Part 7, mentre spetta al caldo assolo di Prayer Beads (firmata Marc Johnson) terminare uno dei lavori più ‘piacevoli’ ascoltati ultimamente. Consigliato sia ad amanti della sperimentazione che del jazz, ma più specificamente a gente aperta!
Voto: 7
Link correlati:Solponticello