Andrea Chimenti ‘Il Porto Sepolto’

(Santeria/Audioglobe 2002)

L’impresa era senza speranza. Eppure…
Musicare parole isolate (isolate da pause, silenzi, dagli spazi bianchi della pagina, dai vincoli sintattici) come quelle del linguaggio ungarettiano significava implicitamente deformare l’operazione poetica originaria verso un qualcosa di rischiosamente inconcludente. Significava immettere quelle parole in un flusso, immergerle in un continuum che ne avrebbe di per sé depotenziato la possibilità di ricaricasi semanticamente dovuta proprio al loro essere il risultato di un processo di scarnificazione poetica.
In diversi casi lungo il percorso sonoro de “Il Porto Sepolto” tutto ciò, sorprendentemente, non accade.
Chimenti sembra essere perfettamente a conoscenza dei pericoli e si rivela in grado di mediare i due percorsi: quello di drenaggio del poeta e quello di espansione del musicista. Le musiche e la strumentazione (piano, chitarre, archi) sono minimali. Il lirismo è nella maggior parte dei casi concentrato, distillato. Il disco regala attimi di partecipazione emotiva davvero intensi; la desolazione e la sottile dolcezza, pur non trovandoci di fronte ad un vero e proprio nuovo album del nostro (“Il Porto Sepolto” era nato come spettacolo di canto musica e letture), sono sapientemente dosate come nei migliori episodi dei precedenti lavori solisti di Andrea Chimenti. E se anche in un’operazione aliena come questa i riferimenti prettamente musicali rimangono consueti (con La Notte Bella che porta decisamente in primo piano i richiami a David Sylvian o con il cantato di Cori Descrittivi di Stati d’Animo di Didone in cui si avverte fin troppo l’eco dei suoi trascorsi artistici vicini al Consorzio Suonatori Indipendenti), non resta che rassegnarsi al fatto che per la maggior parte degli ascoltatori questi non saranno altro che un ulteriore arricchimento… e considerare che fortunatamente l’elegante ‘bookish edition’ del Cd con pagine contenenti immagini e versi è sicuramente in grado di restituire un ulteriore tocco di letterarietà… per cui… ripeto: l’impresa era senza speranza. Eppure…

Voto: 7

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