Eccoci arrivati all’ultima fatica di McKaye e soci. Da quando ho memoria io (almeno dieci anni) ogni nuovo album dei Fugazi è stato accolto dall’area punk/HC più radicale con disperate critiche del tipo: “non sono più loro”, “non è una pietra miliare come gli altri”, ecc. Dall’altra parte i soliti commentatori si sbracciavano nel dire che “finalmente i Fugazi hanno smussato il loro sound che ora appare più maturo”, “hanno superato gli stretti limiti dell’Hard Core”, ecc.
Ecco, da questo punto di vista “The Argument” non fa differenza; quindi mi sembra già una buona ragione per ritenere che i Fugazi sono quelli di sempre.
Ovviamente le sperimentazioni continuano, si espandono e si consolidano (seconda batteria, voci varie, archi, chitarre acustiche).
Risulta quindi abbastanza inutile cercare di etichettare e raggruppare le varie canzoni in generi e sottogeneri. La musica è un post-punk cervellotico e attraente che in effetti concede molto più al pop-rock di quanto non sia successo in passato.
In ogni caso i Fugazi non rinunciano alla loro identità, ne’ a quella musicale, come dimostrano canzoni come Ex-Spectator, ne’ a quella che ha da sempre caratterizzato il loro approccio.
Infatti, alla faccia di tutti quelli che salutavano “Instrument” come un abbandono del loro impegno verso una indefinita estetica apolitica, quest’album trasuda etica “dischordiana”. Si comincia dalla copertina che contrappone alla mano recante l’americanissima fiaccola della libertà, una mano svuotata di ogni simbolo ipocrita. E si finisce al testo di The Kill che punta il dito contro la morale made in USA.
Speriamo di rivederli presto in Italia. E come di consueto in concerto negli spazi occupati.
Voto: 10
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Autore: michelepan@katamail.com