(Jumbo Recordings 2002)
Ennesima prova del sassofonista improvvisatore di New York, tale Dorgon che questa volta si avvale della massiccia collaborazione del contrabbassista William Parker, un tempo astro nascente ma ormai consolidato della scena improvvisativa americana.
L’album, molto breve quasi da ritenerlo un mini, con i suoi cinque pezzi è uno scavo musicale nei recessi della psiche umana. O per lo meno questo viene in mente ascoltando gli arpeggi di Parker che seguono, si intrecciano fino ad anteporsi quasi dialogando alla fine con il sax di Dorgon. La struttura dei pezzi è composta da un inizio di Dorgon, delineante il motivo guida, seguito da metodiche e regolari svisate di archetto di Parker al contrabbasso. Quando la tensione sembra venir meno e lo scavo fermarsi per portare alla luce qualche frammento psichico prezioso, riparte col pezzo successivo la trapanazione mentale. Il tono e il ritmo si annullano in una linea di basso continuo inframezzato dai laconici fraseggi del “solito” sax che narrano di un tormento difficile da mandar via. E così per tutto l’album. Che dire: si può dare otto all’intensità dell’esecuzione, ma è consigliabile ascoltarlo quando si è in terapia e si vuole al posto dei soliti farmaci un po’ di sano rock’n’roll.
Voto: 7
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