“90 gradi a sud”, un nome che è tutto un programma per questa formazione gallese, composta da un solo musicista, Kev Fox, con residenza a Cheltenham.La musica di Fox – strumentale ma interrotta a volte da una voce narrante – racconta infatti di lunghi viaggi, mezzi di trasporto inusuali, pionieri dei mari e dei cieli, cercando di ricreare i paesaggi e le sensazioni di queste avventure. Nell’ultimo disco di questa “one man band”, intitolato Plans for Travel, troviamo così brani come Ekranoplan (dedicato all’aereo iperveloce creato durante la guerra fredda), English Electric (riferito alle prime locomotive elettriche londinesi) e Supermarine S6 (l’idrovolante vincitore nel 1921 del trofeo Schneider), in cui la musica, basata su loop elettronici e chitarre circolari e vicina per certi versi al Papa M di Live from a shark cage, è prevalentemente descrizione e colonna sonora di immagini suggestive che si affacciano nella mente dell’ascoltatore. Abbiamo chiesto a Kev Fox alcune delucidazioni sul suo progetto.
Innanzitutto, da dove ti viene questa passione per il viaggio e le spedizioni scientifiche?
Penso di avere la passione per il viaggio nel sangue. Il mio prozio, John Al*****, è stato il primo pilota ad attraversare l’Atlantico a bordo di un aereomobile, nel 1919, e mio padre correva con le moto, così sono cresciuto fra vecchi motori e storie dei grandi pionieri degli ultimi cento anni. Il paesino dove vivo, inoltre, è molto fiero del fatto che uno dei più famosi esploratori inglesi dell’Antartico, Edward Wilson, è cresciuto qui. Tutte queste cose sono sempre rimaste dentro di me e mi servono ancora da ispirazione, insieme alle macchine e ai giocattoli di oggi e di ieri. Per questo ci sono le storie dei treni e delle auto in Plans for Travel, come il viaggo di Amundsen al Polo nord e l’Ekranoplan.
Ci sono libri, film o storie che ti hanno ispirato in particolare?
Cerco di collezionare vecchi libri su tutte le cose che mi interessano. Libri classici sulle esplorazioni polari sono i diari del capitano Scott o di Edward Wilson, o anche il racconto di Shackleton, ma il miglior libro sull’Antartico è The Worst Journey in the World di Apsley Cherry-Gerrard. Per quanto riguarda il cinema, ho preso il nome del mio progetto dal film di Scott sulla spedizione in Terra Nova del 1910-1913, che è chiamato appunto 90 Degrees South. Se si considerano le condizioni in cui è stato fatto, è un notevole documento della storia del cinema.
Venendo alla tua musica, è stupefacente come riesci a fare tutto da solo. Come nascono le tue canzoni?
Di solito parto da una melodia per piano o chitarra, perché ritengo importante avere chiare le caratteristiche basilari della canzone sin dall’inizio. Trovo molto più facile lavorare da solo che in un gruppo, perché così non devo spiegare le mie idee a nessuno, anche se poi mi affido ai miei amici per fargli ascoltare quello che registro, così che posso capire se sono sulla strada giusta.
Ti capita mai di iniziare da una storia, da un’idea e di volerne ricreare le suggestioni?
Sì, certo. Prima del processo strumentale ho sempre in mente l’idea dietro alla canzone o l’atmosfera che voglio creare.
Come per molti suoni strumentale di oggi, la tua musica sembra ottima per accompagnare delle immagini. Ti piacerebbe metterti alla prova in una colonna sonora?
Mi piacerebbe moltissimo scrivere musica per una colonna sonora, soprattutto se si trattasse di qualcosa su questi temi. L’ideale sarebbe una serie di documentari sulla storia del trasporto a motore, se qualcuno ha un progetto simile mi contatti subito!
Per approfondire la conoscenza dei 90°South si può consultare il sito della loro etichetta, la gallese Ochre Records. Da lì potrete partire per un viaggio musicale con nomi di tutta rilevanza nello scenario space e psichedelico, come Land of the Nod, Stylus, Longstone, Yellow 6 e molti altri ancora.