E’ stata lunga l’attesa per avere tra le mani questo nuovo lavoro dei milanesi Afterhours ma ne è valsa la pena. L’ultima uscita risaliva al 99; da allora sono successe tante cose: l’esperienza di reading che Agnelli portata avanti con Emidio Clementi dei neo-disciolti Massimo Volume, il viaggio in India sempre con Clementi, un live riassuntivo di 10 anni trascorsi sui palchi di tutt’Italia, e soprattutto la defezione di Xabier Iriondo Gemmi, ormai intento “solamente” a portare avanti i suoi vecchi progetti A Short Apnea e Six Minute War Madness. A questo punto rimasti in quattro, per Agnelli e co. si è trattato di rimettere tutto in discussione, e di cominciare un nuovo corso. Questo ultimo lavoro partorito, sembra essere l’opera più difficile nella sua greve drammaticità, ma anche la più completa, che consacra ormai in maniera definitiva lo status di prim’ordine che la band ha raggiunto nel panorama rock italiano. Accantonati i momenti pop e qualsiasi soluzione facile, gli Afterhours decidono di battere vie più impervie, spingendosi verso un rock disturbato, difficile, permeato di suoni alieni ma allo stesso tempo perfettamente amalgamato e equilibrato in ogni sua parte. Ciò da luogo a una musica, cupa, allucinata e estremamente intensa che sa conquistare un pò alla volta, in maniera lenta, ma altrettanto inesorabile. Tantissimi sono i momenti strappa applausi, praticamente tutti, ma non si può non citare il crescendo emotivo della title-track, che mostra come Agnelli in Italia sia un passo avanti a tutti anche nelle liriche, o l’incedere ipnotico e ammaliante di Varanasi Baby, o Ritorno a casa toccante spoken-words, mentre Sulle labbra è semplicemente la canzone più bella dei Marlene Kuntz che i Marlene Kuntz non hanno mai scritto. È avvenuta ormai quella maturazione che l’ultimo “Non è per sempre” (album ottimo ma pur sempre di transizione) lasciava presagire. Confermati a pieni voti.
Voto: 10
Link correlati:afterhours sito ufficiale