Un dolce segreto di terra d’australia questi The Necks, disvelato ai più grazie alla ReR Megacorps (trattasi di ristampa di materiale edito nella sola australia nel 1999).
E’ infatti grazie alla label inglese che possiamo gustarci questa improvvisazione che dona visioni di nuove direzioni per la musica improvvisata.
Nell’arco della registrazione il drumming continuo (con variazioni frattali che ne deformano la struttura in qualcosa di simile ma non identico) di Tony Buck (John Zorn, Peter Brotzman e Otomo Yoshide) danno appoggio a intarsi e pattern di tastiere (Chris Abrahams già con Midnight Oil, The Triffids e The Church) e double bass (Loyd Swanton punto fermo della scena jazz australiana).
Un flusso continuo che muta per gradazioni infinitesime o che viene spezzato da intrusioni di samples, pattern pianistici, rumbling percussivi, phasing di hammond e punteggiature di rhodes. Cresce, discende e si riforma. Un’impronta Riley-ana su timbriche e tempi (Sketches of Spain e In a silent way) Miles-iani.
Piacevolissimo background attivo per menti non pigre.
Qualche connessione con un Paul Schutze (quello di “Apart”) meno freddo e disteso su metri minimalistici classici, o un Dylan Group senza canzoni e in cross-fading eterno e dilatato.
Per jazzisti reiterativi su poltroncine vellutate e fumose.
Molto piacevole.
Voto: 7
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