Corrosivo, incendiario e senza compromessi Ken Vandermark è sicuramente una tra le figure più note del jazz indipendente. Chicagoano di nascita, con i suoi Vandermark 5, è riuscito ad ottenere un sempre maggior successo, presso una larga cerchia d’estimatori del genere.
“Acoustic Machine” uscito per casa ‘Atavistic’ è un personale e sentito omaggio del musicista verso diverse colonne portanti della musica nera e non.
Di fatti dimostra anche la propria ammirazione per l’astrattismo sonoro di Morton Feldman, dedicandogli una serie di pezzi brevissimi intitolati Hbf. Oltre al proprio sax e clarinetto lo vediamo accompagnato da Jeb Bishop al trombone, Kent Kessler al basso, Tim Mulvenna alla batteria , Dave Remphis sax alto e tenore. Anarchia e caos aleggiano in Auto Topography (for Archie Sheep), dove gli strumenti, come nella migliore tradizione free, interagiscono in piena sincronia ricordando l’Art Ensemble Of Chicago dei periodi d’oro. Un suono cool e simpaticamente ritmato veste interamente i 14 minuti di Fall to Grace (for Elvin Jones), dove sia Remphis, che Kesler sfoggiano un superbo dialogo solistico con i propri strumenti. License Complete (for Julius Hemphill) è quasi interamente permeato da una sottile veste funky, cara all’artista scomparso. Il fantasma di Stan Getz appare in Coast to Coast, composizione sottile e vellutata con brevi sfumature tropicali alla Paul Desdemond. Ancora ritmo e spirito metropolitano in Close Enough e Wind Out, dedicate rispettivamente a Robert Capa e William Klein. E quindi se volete sapere come se la passa il jazz oggi, cominciate senza indugio con l’ascolto di “Acoustic Machine”. Sarete, in parte, soddisfatti.
Voto: 7
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