Quarto lavoro in studio per la band di L.A. (quinto complessivo comprendendo il live “Across a Wire-Live in New York). Dopo l’enorme successo del debutto, “August and everything after” (1993), il lavoro più riuscito e di maggior successo commerciale, il leader Adam Duritz si è scontrato con i problemi legati alla notorietà, al passaggio dall’essere un perfetto sconosciuto a diventare un divo “pop”. I successivi lavori pur non raggiungendo i livelli dell’esordio, hanno confermato quanto di buono era apparso: una classic-rock-band, proponitrice di una formula sicuramente non originale ma con personalità e talento indiscutibili. Loro grande merito è stato di non andare alla ricerca esasperata di un secondo singolo, com’era stato Mr. Jones, per non entrare nel classico circolo vizioso imposto dalla maggior parte delle major, “disco-almeno un potenziale singolo-altrimenti-niente disco”.
Il nuovo lavoro, “Hard Candy”, è forse il loro più accessibile, lo stesso Adam Duritz in recenti dichiarazione ha affermato di aver composto i brani con lo scopo preciso di creare delle melodie semplici e facilmente memorizzabili, in contrasto con l’introspettività e personalità delle liriche. La produzione è nelle mani di un veterano come Steve Lillywhite e il risultato e un disco piacevole con alcune canzoni notevoli, altre comuni e alcune sotto la media; proprio questo è il principale difetto del disco, la sua eccessiva lunghezza (quattordici brani), con la presenza di alcuni brani senza i quali “Hard Candy” sarebbe stato uno dei migliori lavori della band.
Ottimo l’inizio del disco, con forse i tre brani più riusciti del lavoro, le allegre e divertenti Hard Candy e American Girls (non è una cover di Tom Petty, attenti al plurale) e l’intima Good Time; bella anche la collaborazione con Ryan Adams in Butterfly in Riverse e la successiva Miami, altra coinvolgente ballata dai toni soffusi. La parte centrale è la più debole del disco con New Frontier, probabilmente la peggiore dell’intero disco, Carriage, classica ballata alla Duritz, arricchita da una tromba che la caratterizza.
Non citerò tutte le canzoni, sono troppe; sottolineo il buon finale con Up all night, Holiday in Spain e 4 White Stallion a conclusione di un buon disco che conferma l’onestà di una band che non stupisce ma regala piccoli gioielli destinati a durare a lungo.
Voto: 7
Link correlati:Counting Crows home page