Piccolo teatro dell’assurdo made in Skin Graft
Il concerto si svolge a Ganbulada piccola frazioncina in provincia di Ferrara e la cornice è assolutamente caratteristica.
Siamo, infatti, all’interno della Festa dell’Unita e accanto al piccolo stage allestito per l’occasione trova spazio un ben più grande palco dove si alternano personalità del liscio locale.
Così mentre aspettiamo che inizino a suonare si sente in lontananza riecheggiare piccole gemme da balera come:” noi ragazzi della terza età……”
Commuovente.
Nel loro tour europeo gli Arab On Radar sono accompagnati dai Kid Kommando.
Il loro suono si pone a metà strada tra gli stessi arabi e gli USMaple di Sang Phat Editor.
Regalano un buon show, il pubblico assiste interessato ma il vero evento questa sera avverrà di li a poco così che, appena il palco si libera e quattro sinistre figure dall’aspetto non propriamente rassicurante iniziano ad aggirarsi nei dintorni, l’attenzione visibilmente sale negli antistanti il palco.
Gli AOR sono una forza della natura.
Si presentano sul palco completamente vestiti di nero in stile Reservoir Dogs e scaraventano sugli antistanti tonnellate d’inaudita violenza ma come in quel gioiellino di quentiniana memoria, e come in perfetta tradizione Skin Graft, lo fanno con una tale demenzialità, con una tale autoironia da far nascere sul mio viso un sorriso paretico che mi rimane stampato per chi sa quanto tempo finito il concerto.
I quattro non si fermano un attimo.
Saltano, urlano, imprecano, sputano (non sul pubblico, sono educati!?!) si piegano su loro stessi.
L’esibizione assume i connotati di un vero e proprio rito catartico con gli arabi, veri maestri di cerimonia, ad intrattenere, o sarebbe meglio dire, ipnotizzare un pubblico annichilito.
Il vocalist Eric “Post-Traumatic Stress” è un vero performer con una mimica degna del miglior “Gimmy il fenomeno”.
Sono in quattro ma il frastuono che producono equivale a quello di una catena di montaggio in pieno regime.
I loro brani sono delle schegge taglienti, delle miccette dalla miccia troppo corta che appena le prendi in mano e vai per accenderle sono già scoppiate tra le tue dita.
Dopo circa un’ora lo show, incentrato essenzialmente sui brani degli ultimi due lavori in studio, s’interrompe, sembra, per l’eccessivo rumore ad un’ora non propriamente consona ma ormai i quattro hanno già dimostrato le loro capacità e noi ce n’andiamo con il cuore in pace, certi di aver assistito uno spettacolo difficilmente ripetibile.
Dimenticavo: gli AOR sanno anche suonare e lo fanno molto bene.
Andrea Palucci