Quattro chiacchiere (o forse cinque) con uno dei gruppi più interessanti della nuova scena tedesca
Ascoltando questo album, e come scritto nella recensione, sembra che vi stiate dirigendo verso lidi più vocali, più cantautorato classico e vi state allontanando dall’elettronica. E’ un’impressione o, una scelta dovuta?
Tutta la musica dei Tarwater viene composta durante un processo di registrazione in studio quindi direi che lo studio è uno degli strumenti più importanti. Non scriviamo la nostra musica con strumenti tradizionali per poi aggiungere decorazioni elettroniche successivamente. Spesso partiamo dai suoni o dalle sequenze. E’ come se la canzone stesse già sonnecchiando nella macchina per citare Blixa Bargeld. Usiamo una gran varietà di strumenti… dai mezzi generati col computer a roba acustica e analogica, ma tutti questi non sono altro che dispositivi per pervenire a determinati risultati. Qualsiasi cosa faccia un buon lavoro per noi è la benvenuta. Ciò che speriamo in definitiva è che la contraddizione tra l’uomo e la macchina resti al di là degli interessi dell’ascoltatore.
– Le varie collaborazioni, dalle composizioni di colonne sonore alla musica d’accompagnamento per readings di poesia a pieces teatrali, dalla pittura, etc…, come influiscono sulla vostra capacità compositiva? Vi aiutano o vi distraggono?
Collaboriamo con un sacco di persone, non solo con musicisti ma anche con registi, poeti, ballerini a performers di ogni tipo. Da una parte pensiamo che questo sia effettivamente qualcosa che ci allontana dal discorso della “band” perché si deve reagire a qualcosa e devi in qualche modo soddisfare certe richieste. Dall’altra parte però può rivelarsi una fonte di ispirazione molto importante. Quando abbiamo registrato “Dwellers on the Threshold” stavamo lavorando a due colonne sonore contemporaneamente. Questo ci ha dato molte idee sia per la strumentazione da usare che per la struttura delle tracce/canzoni.
– Vi sentite parte di questo movimento propriamente tedesco (Notwist, Lali Puna etc..) che vanta illustri progenitori (Kraftwerk) oppure tutto ciò vi pesa e volete essere conosciuti per un vostro discorso musicale originale?
Il TW Studio non è certo una torre d’avorio, è certamente interessante essere circondati da artisti che producono musica eccitante come quella delle bands che hai menzionato. Anche se molte persone appartenenti a quella scena sembrano lavorare sulle stesse tematiche (ossia la line adi confine tra cantautorato ed elettronica) alla fine essi giungono a risultati molto differenti. Non crediamo che il cosiddetto ‘German Movement’ sia tutta questa cosa monolitica. Ha più a che fare con città che hanno background differenti e che producono stili differenti vagamente connessi l’uno con l’altro.
– Le tracce dell’album sono più brevi: Ritornando alla prima domanda vi serve molto tempo o siete tipi di poche parole in musica?
I Tarwater sono sempre stati interessati alla ‘canzone’, amiamo sempre i tipici brani da 3 minuti e dieci, ma non scriviamo canzoni in modo classico. Quando lavoriamo in studio cerchiamo sempre di creare prima di tutto un’atmosfera sonora, c’è molta improvvisazione all’inizio. Non sappiamo mai se qualcosa finirà per diventare una canzone o uno strumentale. Abbiamo riscoperto la forma breve del brano attraverso il nostro lavoro sulla musica da film.
– Com’è la scena indipendente tedesca? Progetti per il futuro?
Negli ultimi tempi c’erano un paio di buoni dischi tipo Marz-love streems su Karaoke, Kalk, Kreidler –eve future su Wonder, Komeit su Monika che avevano mostrato che c’era ancora qualcosa di nuovo e fresco in corso, al fianco agli standards della produzione elettronica. E ci sono anche un sacco di relazioni interpersonali (gudrun gut monika rec.. Stefan Betke-Pole, Tikiman, Static, Contriva , Rechenzentrum ecc.. è solo una lista incompleta…).
In questo preciso momento stiamo lavorando con Rob Tyler da Coloma e Sarah Marrs da Kyborg su cinque canzoni per un’opera teatrale.
Marco Paolucci