(Accretions 2002)
Uno guarda la copertina, bianca, inquadratura di una mano che regge un bastone a mò di bastone pastorale, e pensa chissà cosa. Ascolta il disco e capisce il perché della copertina o ne da una sua interpretazione.
L’autore (tentiamone una dotta) vuole dare una rappresentazione della società come un cinico evento liturgico, sacrale, mistico, sincretico, tale da incunearsi negli antri del etc…Basta così, viene ora l’interpretazione volgare: l’album è una registrazione in presa diretta di vita metropolitana, compiuta da un’antropologo culturale di chissà quale città. Il tutto remissato, aggiunto e tagliato con acuto lavoro di cesello e azzeccate intrusioni di sampler e campionamenti vari. I pezzi così “trattati” vanno a comporre un interessante e divertente mosaico pasticciato al punto giusto ma “comprensibile” e godibilissimo all’ascolto. Per chiarirci viene fatto loro di tutto: deframmentata la logica minima della massa sonora e ricomposta venti chilometri dopo; ripresa a forza e girata in salsa industrial; e ancora, schiacciata sulle basse frequenze e rimodulata in chiave hip-hop. Ogni tanto voci di gente, sembra il mercato, un treno, bambini che giocano. Un puzzle caleidoscopico di suoni e di odori con un pizzico di funky che non guasta mai. Il cuoco consiglia: per palati goderecci.
Voto: 8
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