(RadonStudio 2001)
(r) è la sigla dietro al quale si cela Fabrizio Modenese Palumbo, poliedrico strumentista già in forze coi Larsen.
Il disco, ‘humps’, esce per la Radon, un’etichetta di Portland, che possiede tra le sue fila anche Steve Mc Kay sassofonista per Stooges, Residents, Death in June, Koonda Holaa & The Beetchees, nonché il nostrano Daniele Brusaschetto che tra l’altro ritroviamo al fianco di Fabrizio in alcuni brani dell’album insieme ad una parte dei Larsen.
Ciò che immediatamente colpisce di ‘humps’ è la grande varietà di moduli espressivi adottati da Fabrizio per dar vita ai suoi più reconditi umori.
Lontane reminiscenze industriali che flirtano con un approccio alla materia sonora che evade da qualsiasi catalogazione, che non si preoccupa di inserire nello stesso brano/contesto lunghi drones rumoristici, partiture classiche, evoluzioni ambient, improvvisi assalti noise.
Sul tutto sovrasta un umore sinistro e inquietante.
Circolari gingle di piano che si dispiegano su un tappeto d’indefiniti rumorismi (A Tribute to The 20th Century).
Voci abnormemente filtrate e rallentate da assumere una nuova connotazione sonora (Interludio).
Una lunga suite (Pain Vs Sickness) che contiene nel suo ventre una spettrale versione di Venus In Furs.
In realtà il brano è quasi irriconoscibile, una sorta di trasfigurazione del pezzo firmato L.Reed/J.Cale.
Come se lo stesso fosse stato fagocitato, spezzettato e sputato in mille pezzi così che quello che rimane sono dei brevi frammenti che vagano in una densa nebbia sepolcrale e che di colpo mutano in un magma di lancinanti distorsioni chitarristiche.
Si riprende il fiato con The Rite of Autumn, crepuscolare ballata che improvvisamente muta in lunga orchestrazione/modulazione di feedback (o qualcosa di sonoramente affine).
Sinusoidi che si comprimono e dilatano in un ipnotico gioco impercettibilmente interrotto da delicati crepitii in sottofondo.
Un album vario, complesso e affascinante.
Voto: 9
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