(le Disques Du Soleil Et De L’acier/Audioglobe 2002)
Il silenzio ci accoglie e ci presenta la storia. Noi ci incuriosiamo quasi subito e ci mettiamo ad ascoltarla. Si narra di un povero piano che suona lentamente cercando le note giuste, quelle che possono penetrare nell’anima di chi lo ascolta. Prova e riprova, non demorde mai sempre animato da dita consapevoli e forti. Lentamente le note si susseguono sul pentagramma e noi le seguiamo sulla nostra mente. Momenti di silenzio si alternano ad altri in cui gli altri strumenti come la batteria, le percussioni e il clarinetto, vengono a dar man forte al povero piano. Il silenzio fa da narratore ed è importante quanto uno strumento vero e proprio, non si può fare a meno di ascoltarlo nelle sue pause, nei suoi stacchi “suonati” alternati con gli altri. Non c’è una definizione lineare delle canzoni strumentali che il piano “canta”; le note si susseguono, si intrecciano con gli effetti speciali, con i suoni provenienti dai musicisti giocattolo. L’atmosfera cabarettistica da teatro surreale pervade l’ambiente circostante in questo affresco tra il post-rock, se vogliamo mettere qualche definizione, e Satie aggiornato agli anni 2000. Una voce delicata parla e comunica il suo stupore, una chitarra abbozza un riff e lo manda il loop, il clarinetto si intrufola risvegliando il piano, la fisarmonica in lontananza da il là alle percussioni. Noi ci rendiamo conto di essere inermi e di non poter far altro che continuare ad ascoltare e aspettare lo sviluppo della storia. Che si fa interessante, si, e intensa, avventurosa, finisce con…Compratelo e lo saprete.
Voto: 8
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