frequenze dub/punk da San Diego
L’ibrido musicale che ci propongono i Gogogo Airheart è tra i più lineari e semplici ma assolutamente efficaci ed eccitanti attualmente in circolazione e la loro visita in territorio italico è la più piacevole possibilità per assaporarlo dal vivo.
Il gustoso quartetto di San Diego si ripartisce i ruoli/spazi in maniera del tutto autonoma in un gioco ad incastri in cui ogni elemento seppur riconoscibile nella sua essenza, rimane ben amalgamato nel flusso sonoro generale.
Linee di basso di derivazione dub accelerate da assumere una dinamica aggressiva e al contempo ballabile, chirurgiche rasoiate di chitarra (diciamo) post-punk, voce sguaiata tra un Verlaine strafottente e Lydon dimesso, ritmica serrata e tribale.
I Gogogo Airheart sanno suonare e lo si nota subito, il cantante è carismatico e divertente , per giunta ha un ottimo look e il taglio di capelli più cool del momento.
L’alternarsi tra giochini elettronici e affilati riff di B. White ben si accombagna al basso-motore di A. Vyas mentre J. Hough, il batterista, è l’anima più selvaggiamente r’n’r della band.
Un teenage caveman tutto capelli e naso, una specie di “cugino it” che batte i tamburi con lo stesso ritmo di un treno in corsa.
È soprattutto grazie all’apporto estetico e ritmico di questo che lo show di questa sera riporta alla memoria l’energia e l’immediatezza del garage dei metà ottanta.
I riferimenti musicali possono sembrare lontani ma lo spirito e il feeling che si respirano sorprendentemente (mi) rimanda a quegli anni.
Le prerogative per uno show intenso ci sono tutte e così è stato anche se qualche appunto lo si potrebbe fare per le numerose pause (delle quali non so spiegarmi il perché) che sono andate a smorzare una piacevole tensione altrimenti in crescendo.
Andrea Palucci