(Warner 1996)
Dal titolo decisamente rispecchiante l’umore dell’album, “Fantastic Planet” è stato l’ultimo lavoro del gruppo capitanato da Ken Andrews, prima del litigio fra quest’ultimo e il polistrumentista Greg Edwards nel 1997. E’ interessante notare come i vari membri del gruppo siano andati poi a formare realtà concrete del rock/indie odierno, come il chitarrista Troy Van Leeuwen ora ai Perfect Circle e parte integrante del tour dei Queens Of The Stone Age e Kelli Scott ora batterista dei (defunti?) Blinker The Star.
Basandosi sui due precedenti lavori della band, “Magnified” e “Comfort”, le prime due canzoni Saturday Saviour e Sergeant Politness non suonano per niente nuove; il solito indie/grunge rock con poche idee e chitarre roventi. Ma all’arrivare di canzoni come Smoking Umbrellas e Pillowhead, pop/rock psichedelico alla massima potenza, si capisce come questo disco sia molto più propenso alla sperimentazione dei precedenti. Ci sono 17 canzoni nell’album, che è diviso in tre parti da altrettanti intermezzi, chiamati ‘Segue’ e che in genere sono pezzi strumentali di pianoforte e chitarra. Dopo il secondo intermezzo cominciano le canzoni veramente belle, da ricordare soprattutto episodi felici come Solaris, Pitiful e Leo, dove Scott picchia come un dannato arricchendo il suono prodotto da Edwards e Andrews, indubbiamente al loro picco creativo. Canzoni di indie completamente fuori dal comune, con chitarre usate più che suonate ed una tastiera sempre pronta a sottolineare qualche pezzo ma mai a strafare. Si raggiungono poi livelli epici con The Nurse Who Loved Me, vero e proprio capolavoro indie, psichedelica e rumorosissima. Testi assolutamente stupendi fanno da contorno a tutto l’album, Edwards si sbizzarrisce con racconti di lotte contro la droga, viaggi interstellari e magnifiche “lei” che si identificano con una stella irraggiungibile.
Non avrei mai voluto scriverlo ma questo è decisamente l’album indie definitivo, completamente diverso da tutto ciò che avevano fatto i Failure fino al 1996. Il testamento della band è anche quello che ha convinto di più il pubblico, grazie anche al singolo Stuck On You, all’epoca un hit di discreto successo, che per quanto proponga un testo ironico non ha la potenza delle canzoni sopracitate. Un album triste, ma non depresso; sognante, ma disposto a tornare con i piedi per terra quando arriva il momento. Spettacolare.
Voto: 10
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