(Warner Bros. records 2002)
L’ ultimo DJ e uno degli ultimi “rockers”. Sulla strada ormai da venticinque anni (l’esordio è del 1976), Tom Petty continua a sfornare dischi con estrema regolarità, sintomo di una vena creativa lungi dall’essere sull’orlo dell’esaurimento. Una carriera costellata da molti lavori, alcuni grandi, altri normali; l’ultimo sforzo “Echo”(1999), segnava uno dei sui dischi più riusciti, nel classico stile che lo aveva reso famoso. Ora è il tempo di “The Last DJ”, disco alterno è particolare, soprattutto nel lavoro di produzione, non sempre all’altezza della situazione, così come il livello compositivo, a tratti decisamente sotto tono. Alcuni arrangiamenti di fiati ed archi in ballate pianistiche rimandano echi dei Beach Boys di “Pet Sounds”, mentre altri episodi sono in classico stile “Petty”.
Abbiamo in mano un lavoro vario ma non sempre ispiratissimo; dalla title-track iniziale, che richiama il passato, bella e di presa immediata, passiamo subito a due ballate; Money Becomes King è piacevole ma non spicca per personalità, mentre Dreamville segna uno degli episodi più riusciti del lavoro. Pianoforte e acustica al servizio di una melodia accattivante, con archi e fiati come cornice, che nel caso specifico non infastidiscono ma rendono il brano particolare e dal sapore retrò. Seguono per contrasto due rock-blues, Joe e When A Kid Goes Bad, abbastanza inutili e scontati, i picchi più bassi delle dodici tracce.
Like a Diamond è ancora una bella ballata pianistica, coinvolgente e riuscita, come You and Me leggera e molto sixties; Have Love Will Travel è una classica canzone di Petty dalla bella melodia nel suono tipico degli Heartbreakers, mentre la conclusiva Can’t Stop the Sun, riassume la (non) consistenza di “The Last DJ”. Un lavoro alterno e solo a tratti veramente ispirato, sicuramente da non avvicinare ai lavori più riusciti di Tom Petty.
Voto: 6
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