Dorothy Cash ‘Io Odio Moreno’

(Ca$h Records 2002)

Avvertenza: questa recensione si autoterminerà nell’esatto momento in cui comparirà l’astruso (quanto trendy) neologismo anglosassone coniato a bella posta per riuscire a etichettare l’inetichettabile in fatto di elettronica citazionista. Maledetta mania di ‘capirsi’ usando scale di misura infallibili… come se nella vita non si usassero frasi tipo: “fermati presssapoco lì” ma comunicassimo tutti dicendo “posizionati a 2,7 metri da me”. Bah…
Riflessioni linguistiche a parte, Lorenzo Sportiello e Dafni Scotese e il loro 5 tracks EP + video “Io Odio Moreno” fanno di tutto per rientrarci in quella definizione. Se lo fanno da sornioni destabilizzatori interni o da pedissequi surfisti delle cool sensations da club culture è ancora da decidere. Segnalo un po’ di fatti puri e semplici: nel sound dei Dorothy Cash c’è fortunatamente qualcosa di più delle pure e semplici ripetizioni di clichè electropop, c’è un’insana (e proprio per questo salutare) giocosità che li porta a mischiare pop rock e IDM in brani come Non Mi Preoccupo (come sparare nel futuro Alberto Camerini, vero e indimenticato genio del postmodernariato musicale italico), ci sono techno-devazioni Russ Meyeriane di fraseggi alla Gronge come in Riflessione N.3, ci sono riflessioni sociologiche da generazione videogame mischiate ad accenni di mitragliate 808 State-style come in Cassa #17 (e se sono davvero parte di quella scena, sarà davvero inquietante l’effetto cerebrale post-ecstasy dei loro testi al party di turno).
C’è insomma una giusta dose di: stroboscopica cultura pop destrutturata, scintillanti luci di pazzia elettronica stile Patrick Bateman in plexiglas, gradevole wave sound retro-futurista, disincanto collagista nelle lyrics, immaginario softcore tra pin ups girls e bollicine di champagne.
La miscela risulta tutto sommato convincente anche se, nel vortice cosmico e tempista delle proposte International Deejay Gigolo o delle autoctone Plasmek e Nature portato alla luce ultimamente, un simile prodotto finisce per risultare forse carente quanto a reale eversività e devianza (ma il fatto di lasciarci nel dubbio va indiscutibilmente a loro merito, non sono le situazioni ansiogene inferte all’establishment quelle più pericolose?). Senza contare poi che la conclusiva Failure chiude il cerchio con basso pulsante eighties e mini-rivisitazioni di riferimenti new wave dai Depeche Mode agli Human League più martellanti, coronando in qualche modo i sogni di tutti coloro che vorrebbero questo prodotto perfettamente etichettato come Electrocl
Autoterminazione completata.

Voto: 7

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