(Minus Habens/Audioglobe 2002)
Sembra passata una vita ed avevamo anche imparato a farne a meno relegandoli
a gruppo buono per future antologie sulla musica elettronica italiana ed invece
quando meno te lo aspetti, senza eccessivi clamori, un dischetto come da tempo
non capitava di sentire ti monopolizza il lettore cd.
I Pankow sono stati pura leggenda, esibizioni clamorose permeate da una foga
espressiva senza precedenti nel nostro paese, uscite discografiche avveneristiche
di una qualità talvolta superiore a nomi sacri come Neubauten
o Young Gods , il tutto accompagnato da vendite in tutta Europa che la
maggior parte dei gruppi se le sognano.
“Freiheit Fuer Die Sklaven”, “Gisela”, il monumentale live
carico di rabbiosa follia registrato in giro per il mondo “Omne Animal
Triste Post Coitum”, e poi lo sfaldamento e la disgregazione del sogno
quando sembrava oramai fatta.
La Contempo crolla e svende, e li coinvolge nel suo tracollo, l’ultima
uscita è “Treue Hunde” opaco affresco decadente di bellezza
trasversale, l’equivalente sonoro di una notte stellata ed ubriaca dopo esser
stati mollati dalla propria donna.
Poi il silenzio rotto nel ’96 con l’inaspettato “Pankow” del quale
ognuno avrebbe francamente fatto a meno per la sua pochezza, i tempi sembrano
cambiati e loro paiono storditi e giurassici come non mai, una sofferenza infinita
per i molti fans che nel frattempo hanno assistito alla definitiva capitolazione
di molte altre sigle affini ai nostri come i citati Young Gods, i Clock
Dva ed i Test Dept.
Sembra proprio finita ed intanto il tempo impietoso passa e con esso tendenze
ed eccessi.
Non si può quindi far altro che rimaner stupiti di fronte a questo inaspettato
ritorno, che inoltre li lega alla Minus Habens etichetta storica in ambito
elettronico ed industrial.
I Pankow sembrano aver compiuto un’inversione notevole tornando a quel passato
che tanto ce li aveva fatti amare ma nel contempo hanno macinato nuove soluzioni
sonore che lasciano ben sperare per il futuro di questa gloriosa sigla.
I Can Feel It apre breve e strumentale con battuta gonfia e potente,
squassata da soffi profondi che sembrano giungere dagli inferi, segue Kinderspiel
sinuosa e sottilmente innervata di umori industriali come da tempo non capitava
di sentire, la tensione sale.
Don’t è Suicide in acido con potenti riverberi Pan
Sonic e notevole carica astiosa; Alex è tornato e si sente.
Ich Bin (K)ein Patriot è la perfetta sintesi del nuovo corso,
i Neubauten come dovrebbero suonare se la smettessero di fare i clown
boriosi, perfetta e lunare nella sua sgranatezza malinconica e poi la vertigine
Life is offensive che sembra bloccare le lancette del tempo. Ma non
è ancora finita.
I Never Thought of The Consequences vagamente Depeche Mode con
il signor Alan Vega alla voce e Frankie Teardrop dietro l’angolo.
Poi Das Gewicht der Welt naufraga fra ipotesi molto primo Scanner
e Kraftwerk sotto sedativi, ipnosi e cattivi viaggi sono garantiti;
impagabile.
Take it Like a Man con ombra Primal Scream e Neu, lento
covare di rombo di motori; gioco di amanti perversi.
Ed ancora Tim the Turtle fra Virgin Prunes dei tempi belli quando
si sfracellavano sulle pareti al ritmo degli uccelli ed Eraserhead, e
poi ancora il gioco molto molto erotico di Flamboyant.
Gran bella prova veramente.
Finalmente rasserenati per il ritrovato equilibrio, altro non resta da fare che
godersi questo gioiellino dalle tinte fosche.
Voto: 8
Link correlati:www.pankow.ws