(Tzadik/2002)
Dopo lo splendido “Flutter” del 2001 ecco di nuovo a noi il signor
Otomo con un disco spiazzante che in parte prosegue il percorso intrapreso con
il precedente lavoro ed in parte si lancia alla ricerca di nuove soluzioni espressive.
La più grossa novità presente è l’utilizzo della voce che
si erge ora malinconica ed ora maestosa in un mix che non sempre pare calibrato
ma lascia intravedere interessanti aperture per il futuro. La coppia di vocalist
Phew e Togawa Jun non sempre risulta essere in sintonia con l’ensemble ma comunque
in virtù delle proprie innegabili qualità riesce comunque a ricreare
attimi coinvolgenti.
Forse il problema di questo lavoro è da ricercare nella scrittura dei
brani che spesso come nei primi due ‘Preach‘ e ‘Yume‘ sembra indulgere
in un fascinoso ma sfocato pop-jazz vagamente retrò eccessivamente enfatico
anche se non privo di perverse attrattive. Il gusto per il disturbo sottile
rimane ben presente anche in questi brani di inclinazione popolare ma le ridondanti
parti vocali seppur fascinose non riescono a far decollare il tutto, si avverte
la mancanza di soluzioni ben più urticanti ed oblique.
Certo ‘Yume‘ è ballata come non si sentiva da tempo ma le luci
del locale sono oramai accese ed il pubblico sfolla in maniera ordinata. Si
prosegue con ‘Good Morning‘ altra ballata vagamente esistenzialista attraversata
da filamenti jazz anni 50 e 60 con sottili feedback di sottofondo a rendere
meno smielato il tutto.
Sempre a luci accese siamo però, non rimangono più labbra da baciare
purtroppo.
Voglio cercar di esser più chiaro, questo non è un brutto disco,
questo è un disco oppresso forse dall’ansia di rinnovamento con un’inclinazione
popular-folk che se messa bene a fuoco può in virtù dei musicisti
coinvolti divenir micidiale, potrebbe essere l’equivalente nipponico della ricerca
svolta in Europa dall’accoppiata The Ex con il troppo presto scomparso
Tom Cora.
Con ‘Toi Hibiki‘ la macchina pare riprender la giusta corsia con un lento
ritmo vagamente Mingus torturato da rumor di jack e respiro di amplificatori
ronzanti accompagnato dal primo intervento vocale realmente centrato nella sua
asciuttezza espressiva.
E’ poi la volta della cover di ‘Eureka‘ di Jim o’ Rourke che sorprende
nella sua compostezza formale squarciata poi dal finale a polmoni aperti pienamente
free che contrasta non poco con la prima parte del brano delicata e vagamente
cool. Finalmente qualcosa di splendido.
Si chiude con ‘Hahen Fukei‘, la bestia è finalmente di nuovo libera
e rantola in un gorgo jazz-noise strappato dalle corde vocali delle due vocalist
che tentano di dominare la materia bruta e l’accellerazione alle quali vengono
sottoposte in un duello che non lascia vincitori. Dopo il ballo guancia a guancia
fuori dal locale si attua lo stupro brutale. Ottimo.
In definitiva sarebbe stato interessante prender le parti vocali e sovrapporle
magari ai Bad Seeds tanto per vederne l’effetto mentre la parte musicale
avrebbe richiesto magari l’innesto di un Merzbow; sempre per vederne
l’effetto.
Conclusione: quattro brani da cinque, due da sette ed uno da otto; media sei.
A voi la scelta.
Voto: 6
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