Andrea Sgarzi si è fatto le ossa attraverso una gavetta in formazioni rock locali (The Slang, Mud Bubble, Buzzer) della provincia di Bologna, fino a quando, falliti i progetti con i vari gruppi, non ha deciso di ritirarsi nel suo studio per scrivere e suonare materiale proprio. Nel suo caso, più che di cantautore si può tranquillamente parlare di one-man-band, visto che tra le sue mani passano basso, batteria e chitarre varie, e visto che si è registrato l’album in perfetta solitudine. La nota positiva però non risiede tanto nelle capacità tecniche del ragazzo, quanto (ed è la cosa che più conta) in quelle compositive. Si tratta infatti di pop songs ben costruite, che mostrano uno spiccatissimo gusto melodico e che strizzano l’occhio a tutta la tradizione del pop inglese. Punto di riferimento principale oltre ai Beatles (ovvio…) sono soprattutto gli Xtc (i Beatles degli anni 80?), facilmente rintracciabile in quei ritornelli allegri e apparentemente semplici che da sempre contraddistinguono ogni lavoro della band di Andy Partridge. Emblematico è il caso di pezzi come the stars of the incapacity o no name man, quest’ultima squisitamente “extisiana” sin dal titolo. Ma si riconosce anche la vena surreale di Robyn Hitchcock (breaking my shell) o Julian Cope (safe), senza dimenticare le malinconie acustiche del grandissimo Nick Drake (cymbals will gently ring). Per quanto riguarda la liriche, Sgarzi si mostra all’altezza della situazione, raccontando considerazioni sulla società, emozioni varie e l’immancabile difficoltà di rapportarsi col mondo. Il tutto cantato in un perfetto inglese, che rende l’album potenzialmente esportabile anche al di fuori dei confini italici. Estero o no, dopo questo cd, speriamo che qualcuno si accorga al più presto del talento di Sgarzi, non solo perché non merita di restare in un ingiusto anonimato, ma anche perché le sue canzoni sono veramente belle e aspettano solo di essere scoperte.
Voto: 8
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