(Geometrik/2002)
Ammiro la ricerca esplorativa di altri suoni (mondi) che risiedono nell’animo celebrale di Rosa Arcutti aka Nad Spiro. Rimane legato a me da ricordi adolescenziali anche lo stampo delle proposte della spagnola “Geometrik” . Mi rinfranca l’umore aver trovato sulla scrivania un disco della factory spagnola perché nella mia mente riappaiono le prime cospirazioni elettroniche post industriali nichiliste degli Esplendor Geometrico.
Più ancor commosso dal catalogo contenente le prime adesioni, avvenute all’inizio degli anni 90, degli italiani MSB (per gli sprovveduti Most Significant Beat) che divorziavano dal loro passato di adulatori esoterici e magazzinieri del dark sound più audace.
Ma come direte voi…questo è un altro discorso?
No, direi con fermezza che vi state sbagliando.
Perché se decideste di penetrare nell’iconografia della Spiro dovrete fare i conti con il vostro passato, o sarà lei a bussare alla porta della vostra cameretta.
Nad si appropria di tutte le sfaccettature offerte dall’ultima tecnologia donando ad essa tutti i reconditi incubi pre-adolescenziali; (no)industrial culture iconoclasta (Skinny Puppy), misto ad un certo voyeurismo fastoso e provocatorio delle ‘esagerate’ follie estetiche di un Balance dei Coil. L’uso del recitato accartoccia la vecchia tradizione beatniK creando un contrasto con la colonna sonora sottostante, avvicinandosi a quartieri malfamati della Grande Mela con le radio sintonizzate sulle frequenze vocali di Diamanda Galas. Quando ciò non avviene, la voce trae linfa aspirando a congetture cosmiche tedesche (per trovare similitudini si provi ad ascoltare i gotici sussurri della signorina Ted Minsky).
“FightClubbing” non dimenticail giorno riportato sul calendario, infatti la sua terza essenza respira di attualità, cammina su breakbeat narcolettici (Gravid Gaz),voci granularizzate, loop rarefatti (Marv. In. Put), assemblaggi ambientali ed astrazioni senza un inizio né una fine (Second Story).
La title track è un collage ritmico che in crescendo articola suoni, voci (percepisco quella di Burroughs o è solo una mia impressione?) frantumazioni, fastidiucci studiati al microscopio; l’impatto finale campiona la deflagrazione di un auto.
Non lasciatevi ingannare dalla fine apparente del disco, perché se restate all’ascolto dopo meno di 25 minuti ricompare un’altra angoscia della signorina Arcutti.
Microbeats, modulazioni circolari della chitarra, organi sottostanti e una discreta voglia di sbalordire, non solo per partito preso, ma perché insito a pieno nel dna.
Voto: 8
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