(Tables of the Elements/2002)
E’ dalla fine degli anni 50 che la Radigue persegue la sua personalissima ricerca
sul suono, dagli studi per nastro magnetico ed elettronica con Schaeffer
ed Henry.
Peculiare la sua concezione di ambienza organica, dove il suono si muove in un bflusso continuo, ma impercettibile, avvolgendo l’ascoltatore.
“Adnos” è opera triplice composta fra il 1974 ed il 1982 e quindi antecedente al ciclo dedicato al poeta tibetano Milarepa ed all’acclamata “Trilogie de la Mort”.
“Adnos” è trasformazione sonica fragile, la compositrice parigina opera sull’apparente immobilità dei suoni, secellando con pochi precisi tocchi un sound che sprigiona nell’aria un supremo spirito meditativo. L’emozione che si prova all’ascolto è enorme, la serenità e la consapevolezza che queste note trasudano è imbarazzante. Lentamente il suono si svolge e rivela la sua trama impalpabile trasportandoci al cospetto della stasi, dell’estasi ed in ultimo: della trascendenza.
L’opera prende spunto dal movimento perpetuo ed apparentemente ripetitivo dell’acqua con i suoi flussi e riflussi e su questa visione metaforica sgrana la sua dimostrazione di quale e quanta vita si possa trovare in un suono apparentemente immobile, svelandone
i suoi lenti mutameni con una grazia espositiva che pochi altri artisti possiedono.
Ci si ritrova immersi senza sforzo in una serie di onde sonore che costringono l’orecchio a filtrare e riprocessare i suoi normali parametri, attuando un’opera
di sollecitazione morbida che ci permette di iappropriarci di sfumature dell’audienza da tempo sopite.
E’ realmente come fissare all’infinito una distesa di acqua placida colpita dal sole, il baluginio continuo della luce che trasfigura la realtà, collocandoci per un solo lungo istante in scenari ipnagogici dove la grazia è una dote quotidiana dell’essere.
Il concetto di movimento costante, l’assente ed il multiplo, l’esterno che rifluisce nell’interno e viceversa. Eliane Radigue vive in Francia, ma la sua vera patria
è l’universo intero.
La recensione fredda dovrebbe parlare di tre cd contenenti ognuno un lungo brano di circa un’ora, dovrebbe parlare del suo strumento preferito (il synth Arp), dovrebbe parlare della confezione; ma ho deciso di non scrivere una recensione quanto piuttosto una lettera d’amore sgrammaticata.
Perchè questi suoni che lentamente acquistano spessore, e poi cominciano a pulsarti dentro e poi ancora lentamente a mutare struttura, sono fra i pochi ad essere in grado di scaldare tanto a fondo le zone più remote della nostra anima; quelle dove il freddo pare non debba finire mai.
Un fuoco enorme; grande quanto il sole.
Voto: 10
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