Peter Bruntnell – ‘Ends of the Earth’


(Loose Music/Wide 2003)

Ed e’ già un classico country. Quarto album per il neozelandese Peter Bruntnell ammirato songwriter, che ha riscosso consensi in America ma soprattutto in Gran Bretagna che lo ha nominato suo eroe e lo ha designato degno erede di Neil Young. Con lui in questa produzione sono il ventunenne James Walbourne (vocals, guitar, piano), Eric Heywood dei Son Volt (pedal steel guitar), Mick Clews (drum) , Peter Noone (bass) e Bill Ritchie nella composizione dei testi.

Bruntnell riprende l’originale funzione narrativa del folk anni ’30-40 con le sue scomode tematiche politiche e sociali e le riveste con la piu’ melodica e ‘commerciale’ musica country per cui ci si può trovare di fronte alle solite canoniche&classiche ballate americane semplici e con la loro aria quieta e malinconica (’Ends of the Earth’, ’Laredo Kent, ’Here come the Swells’) e rimanere sorpresi (o basiti) ascoltando il moderatamente pungente quanto ironico testo, creando un effetto agrodolce (- ‘if you ‘re worried about the dust/ sit in the shade and drink lemonade/ there ain’t no need to fuss’’Rio Tinto’, –‘The woman that was troubling me and banging on the wall/ has gone to rest eternally, no trouble any more/ I placed a pillow on her face, while she was asleep/ and hold it down till she lay still and no more will she weep’’Murder in the Afternoon’). E le distese melodie prendono poi ritmo e si trasformano in un anatema –‘wish you a long miserabile life’– e critica alla stampa-sciacallo che vive sulle sventure della gente (’Tabloid Reporter’). Insomma…allegro ma non troppo.

Voto: 7

Link correlati:Official Web Site

Autore: fran_catalini@yahoo.co.uk