The Darkest Side Of RomaHardCore (parte terza)
Come si dice:”Non c’è due senza tre!” Ecco perchè vi propongo di leggere la terza parte dell’intervista/saga ai prog-metal-corers romani Concrete. Vi ricordo che i primi due episodi li trovati sempre lì in homepage e soprattutto che chi volesse l’intervista intera può contattare colui che l’ha realizzata (grazie ancora) Michele Panuccio al seguente indirizzo: michelepan@katamail.com . Ed ora silenzio prego che stavolta parla er Capoccia.
FASE 2 – CAPOCCIA
– Appena terminato di suonare lo placco mentre scende dal palco tutto sudato, allontanandolo dal suo banchetto di autoproduzioni. La discussione si svolge in mezzo agli ultimi mercatari di via Ostiense che per pochi giorni ancora arrivano alle due di notte per scaricare le cassette ai mercati generali.
–Prima di suonare con i CONCRETE, eri già stato coinvolto in qualche altro gruppo?
CAPOCCIA- Prima, si un gruppo de pischelli a scola, i CAVE CANEM, avevamo inciso un Demo fatto proprio a pizza e fichi.
–Cos’è che ti ha spinto a cominciare a suonare con i CONCRETE?
CAPOCCIA- Bo’, be un po’… Ma soprattutto pe’ la gente; alla fine con i CONCRETE se semo conosciuti sullo skateboard, tutti quanti noi skatevamo. Pure io skatevo con Matteo, il chitarrista che è entrato dopo e io mica l’avevo riconosciuto che era lui, tipo dopo anni gli ho detto ti ricordi eravamo io, te e un altro, in tre ci facevamo Corso Trieste tutto in discesa e poi piavamo l’autobus, ritornavamo su e ci rifacevamo la discesa. A rota proprio.
–Quando vi siete formati, ti sentivi influenzato dai gruppi che stavano nascendo allora, la scena di Cleveland ad esempio?
CAPOCCIA- Ma io allora me sentivo i Napalm Death. Si ce stava (il bisogno di n.d.r.) fa un gruppo nuovo, pure co’ Tommy, co’ Cristiano, poi pure con Gregorio, tutti c’avevano bisogno de fa un gruppo nuovo.
–E che mi racconti del progressivo cambiamento del vostro suono?
CAPOCCIA- Abbiamo pure imparato a suonà insieme insomma, all’inizio soprattutto. Però siamo cresciuti insieme, ci siamo evoluti insieme quindi pure la musica si è evoluta insieme a noi, cioè è cresciuta con i nostri interessi, i nostri gusti, i nostri capricci particolari, particolarismi di ognuno di noi, che poi ognuno in modo a se stante è una persona a se insomma. Quando ci incontravamo si creava un nodo di congiunzione fra tutti quanti e annamo avanti. Sono cinque strade che formano una strada i CONCRETE, però so cinque cose diverse proprio. Sono le differenze, non è che dici è tutto uguale, no, è tutto differente ognuno c’ha la sua differenza. Pure a livello musicale ognuno di noi suona una cosa differente, tranne in alcune parti in cui magari suoniamo la stessa cosa, però in linea di massima sono proprio cinque cose differenti che si uniscono: cioè una batteria, una chitarra, un’altra chitarra, un basso e una voce che si uniscono e formano i CONCRETE, capito? Poi vanno tutti quanti perché le canzoni comunque so quelle. Vista dalla mia parte che suono la batteria la mia chiave di lettura è mia, non è che mi sono mai visto i CONCRETE dal vivo, mi sarebbe piaciuto vedermeli capito, pe’ vede un attimino comè tutto insieme. A parte che a me piace da dentro, però non lo so, me sa che da fuori è diverso. Ovvio che quello che esce è tutto unico, però quello che uno forma… per questo i CONCRETE non possono morire, perché non è che so’ un gruppo, sono cinque persone che formano un gruppo, che quando se beccano…
–Finché vi prende bene di beccarvi.
CAPOCCIA- Non se beccamo da anni ormai, giusto qualche volta, ma proprio de rado. Ormai lo spirito hardcore è morto. Lo spirito hardcore, il centro sociale, lo squat, troppi anni per strada, troppi anni a suonà così alla fine hanno tirato fuori pure le differenze fra di noi. Comunque non è che solo a livello musicale ci sono delle differenze, pure a livello umano siamo differenti, a livello di gusti, a livello di che cazzo fai nella vita, ognuno è totalmente diverso dall’altro.
–Come è cambiato il tuo impegno nella scena? Dal ’93 ad oggi mi pare che qualcosa è mutato…
CAPOCCIA- Io ho smesso di organizza’ concerti quando i gruppi che venivano a suonà, che magari te telefonavano pe’ fa un cazzo di concerto, arrivavano in un posto X qualsiasi di Roma in cui tu sei andato alla riunione di gestione e spiegato che era un gruppo americano, ma che era anti-americano eccetera, e dopo aver spiegato tutto questo ti ritrovi il gruppo che arriva nel posto e la gente del posto che non gliene frega un emerito cazzo del gruppo. Cioè non c’era magari da magnà, non c’era un posto per dormì, quindi te li dovevi accollare tra le varie case della gente, di Gregorio, di Paolo, del Marra. Io ho deciso di smettere di organizzare concerti finchè non avevo un posto dove farlo, mo il posto lo sto a costruì, i concerti li sto a fa, il gruppo quando arriva sta a casa sua, vuole dormì, vuole magnà, vuole cucinà, vuole ‘na birra, è tutto tranquillo. Il mio spirito me lo sto a ripià un attimino, perché comunque non era così un po’ di tempo fa.
–Comunque la tua scelta di occupare il Bencivenga è molto legata alla tua scelta di viverti l’hardcore.
CAPOCCIA- Si, io da sempre avrei voluto creare un posto dal niente. Qualsiasi posto occupato è bello, vai li è da paura, è costruttivo, fai l’iniziativa, trovi gente da paura, però poi alla fine il giorno dopo loro continuano le loro storie e tu continui le tue. Quindi avere un posto che te crei dal niente, dalla mondezza proprio, un posto dove ci fai i concerti, ci fai le mostre, ci fai i laboratori, ci viene la gente, lo fai vivere di nuovo, ma pure quelli del quartiere capito, che vengono di pomeriggio… L’avevo sempre desiderato, mo’ sto posto pare che sia quello giusto insomma. Finché va…
–Ora che ti proponi per il futuro?
CAPOCCIA- Ma la mia voglia è quella di rinnovare tutta ‘na serie de cose, continuare a dire “no” anche a livello personale, poi uno cerca di allargare la macchia e coinvolge più gente possibile a di “no, questo sistema fa schifo”, perché è tutto ‘na merda, capito. Poi magari ci riesci, magari no, magari un po’ alla volta, con un’iniziativa, un concerto, a radunà della gente che piano piano diventa di più, poi diventa tutta la gente e poi se ribalta il sistema. In piccolo il mio è il bisogno di dire no e vaffanculo al Comune di Roma, vaffanculo allo Stato Italiano, vaffanculo alla Comunità Europea, vaffanculo a tutto il mondo.
–E i CONCRETE?
CAPOCCIA- I CONCRETE spaccano il culo! Noi abbiamo 21 canzoni, in un concerto ne facciamo sette, massimo otto; quindi fare canzoni nuove significa non fare canzoni vecchie e quindi dal punto di vista evolutivo ci siamo fermati al massimo di quella che avevamo deciso era la nostra via, all’apice abbiamo fatto questo CD che per noi è la massima evoluzione. Dopo abbiamo fatto un pezzo nuovo che comunque era la stessa solfa del CD, quindi comunque niente di nuovo per noi, anche se magari era figo, era da paura. Però la vena creativa si è un po’ esaurita con questo CD, ci abbiamo messo un anno e mezzo solo per fare cinque canzoni. A parte i soldi, che non è quello, è proprio un anno e mezzo in cui fai solo cinque canzoni, cioè provi tutte le settimane e tutte le settimane tiri fuori delle canzoni che magari dopo due mesi che ci lavori, su una canzone, butti tutto al cesso. Perché magari fai pezzo per pezzo, poi tutto insieme ti suona ‘na merda e allora di cinque minuti di canzone salvi un riff e poi ci costruisci un’altra cosa. Proprio perché nessuno di noi finché non è stato contento di quello che era, rompeva il cazzo, io per primo poi. E niente… speramo che se sona almeno. Noi potremmo andà a suonà dovunque, potremmo fa qualsiasi tour quando vogliamo, ci sta gente che ci organizzerebbe dovunque, però è proprio il fatto de riuscì a coniugà tutte e cinque le persone dei CONCRETE con almeno quattro, cinque mesi di anticipo per dire “guarda tra cinque mesi famo un tour non prende impegni”. Però le nostre vite so un po’ così…
Michele Panuccio (continua…)