(Cold Blue/Silenzio 2002)
Polansky, seppur misconosciuto, è un musicista dalle cosiddette spalle larghe: compositore, studioso, strumentista, creatore di software, insegnante, scrittore, redattore ed editore. Come se non fosse sufficiente è membro fondatore dell’associazione Frog Peak Music alla quale aderiscono numerosi autori – cito a caso: David Dunn, Peter Garland, Alan Lamb, Lou Harrison, James Tenney, Anthony Braxton, Christian Wolff, David Rosenboom, Kenneth Gaburo… – ma anche organizzazioni come l’American Gamelan Institute e la stessa Cold Blue. Mi sembra infine il caso di segnalare il recente Trio formato insieme a Kui Dong e Christian Wolff. Detto ciò passiamo a “Four-Voice Canons”, che fa seguito a un “Four Voice Canons 3-6” edito privatamente su cassetta e ormai sicuramente fuori catalogo. Naturalmente, come spiega il titolo, si tratta di canoni: cioè di composizioni a più voci, partendo da un minimo di quattro, dove ogni voce che entra in successione è proporzionalmente più veloce della precedente. Tale strutturazione da luogo ad un progressivo incremento di ‘densità’ e ‘complessità della trama’. Le registrazioni, seppur in maggior parte relative ai primi anni del 2000, sono conseguenza di un ventennio d’attività, a partire da un Canon #5 che risale al 1983. L’ampio ventaglio di musicisti coinvolti e di strumenti utilizzati è garante di una notevole varietà che non va a discapito della sostanziale omogeneità propria del CD. È difficile fare una cernita sui diciotto brani ma una selezione appare necessaria e allora inizierei dal conclusivo Trio Canon For Christian Wolff dove la chitarra elettrica senza tastiera dell’autore si intreccia con il violoncello di Ha-Yang Kim e le percussioni di Nathan Davis, in un susseguirsi di borbottii grotteschi o gemebondi che ricordano un concitato dialogare sub-umano. Il percussionista replica egregiamente, in solitudine, con On Skin, Wood, Metal, And Stone, mentre altre perle di tipo percussivo vengono tessute dal grande William Winant nel già citato Canon #5 e in Canon #4 (quest’ultimo tutto suonato sulla marimba). C’è poi il Canon #7 nel quale Jody Diamond si destreggia con il gamelan dando vita a una fitta nebbia di tipo mistico-ambientale. Il corpo del CD è rappresentato da alcuni episodi realizzati tramite computer, manipolazione di nastri o con l’utilizzo di voci (impiegate con o senza trattamenti elettronici). Voglio chiudere dedicando un’attenzione particolare a Canon #6 dove il computer di Polansky interagisce con un sax baritono, Anthony Braxton, e con uno strumento giavanese, il nebab suonato da Jody Diamone, creando uno strabiliante gioco di incastri e contrasti. (no ©)
Voto: 8
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Autore: sos.pesa@tin.it