(Autoproduzione 2003)
Anche se non hanno ancora un’uscita ufficiale all’attivo (ma grazie a dio oggi come oggi un bollino SIAE o meno non fa più alcuna differenza) sono fermamente convinto che per i Lush Rimbaud, più che di band promettente, bisognerebbe parlare di rara e preziosa realtà indie-rock italica. Finalmente qualcuno capace di dimostrare che la miriade di sinceri tentativi di emulazione da cantina di band angloamericane disseminati per le nostre province, può riuscire davvero a produrre miracoli.
Testimoni ne sono le sette tracce contenute in questo autoprodotto “Twilight Zone”, stupendo concentrato di istanze indie, postgrunge, postpunk, postslacker, postpsichewave e quant’altro vogliate provarvi a vederci (perdonate la ridondanza ma trovo strano quanto voi il fatto che senza qualche ‘post’ oggi sia purtroppo impossibile attirare l’attenzione di quanti non saprebbero scorgere qualità che non sia stata già sancita dalle principali testate). I brani possiedono una freschezza schizoide davvero invidiabile dovuta alla plasmaticità degli stacchi e dei passaggi trans-genere (ora debordanti derive psichedeliche, un attimo dopo energiche sferzate di noise chitarristico) e una ricchezza di intuizioni tutte credibili e coinvolgenti.
Si va dal Sebadoh sound di I Am Happy alle reminescenze di Polvo e degli Swervedriver più noise per gli intermezzi di Impulso passando per gli innumerevoli echi sapientemente ‘svecchiati’ di Dinosaur Jr e Sonic Youth e di tutte le altre dichiarate influenze del gruppo presenti negli altri brani.
I riff sanno sfuggire al già sentito (basterebbe come esempio infinitesimo la bellissima conclusione del brano di apertura John Deere) e nella costruzione dei brani a volte emerge in primo piano la liquidità dei Rein Sanction (anche a livello del convincente cantato in lingua), altre volte l’aggressiva coerenza strutturale di certo post-rock (ma senza per questo rinunciare a istantanee incursioni in territori Pavement-iani come nell’inzio di Air Conditioning). In ogni caso, perfino laddove qualche ingenuità potrebbe trasparire (magari a livello di lyrics) qualche condimento sintetico, come nella conclusiva Undertrack, riesce superlativamente a supplire con aromi devianti tutti da gustare.
Sono giovani, sono bravi, sono trascinanti.
NON sono di qualche sperduta città del Mid West dal nome ‘cool’ e NON dicono “oh yeah” al microfono prima di iniziare un brano live.
Sono solo cinque ragazzi di Ancona e Falconara. Possibile che per chi ascolta faccia tanta differenza?
Per gli scevri dai pregiudizi, il loro Cd è reperibile contattandoli all’indirizzo: lush_rimbaudrock@hotmail.com
Voto: 8
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