(Hightone 2003)
Dopo l’entusiasmante “Borderline”, torna il cantautore californiano con un nuovo lavoro che non delude le attese, ma in parte aggiunge qualcosa al suo stile già inconfondibile.
Tom Russell è un aurore dalla sensibilità particolare, le sue canzoni sono ricche di richiami alla letteratura, al cinema, o prendono spunto da personaggi storici. Stupendo esempio era l’inizio del precedente album con la canzone Touch Of Evil, una storia d’amore di confine che ricalca parallelamente l’omonimo film di Orson Welles (in italiano “L’infernale Quinlan”), dove il protagonista della canzone che racconta in prima persona, descrive le sue pene d’amore in maniera speculare ai personaggi del film (Orson Welles e Marlene Dietrich).
“Borderline” già dal titolo era una sorta di lavoro a tema, Messico e USA, storie di confine, amori, morte, drammi di frontiera, dove protagonista (oltre alla sua inconfondibile voce e alle sue composizioni) era spesso la fisarmonica, un lavoro comunque vario e di grande spessore.
In “Modern Art”, la fisarmonica compare raramente, mentre spesso è protagonista la chitarra acustica, anch’essa di sapore latino.
Difficile menzionare una canzone rispetto all’altra, dall’iniziale e confidenziale The Kid From Spavinaw, solo chitarra, voce ed emozioni, al reggae di Muhammad Ali, (storia del mitico pugile, con espliciti riferimenti al razzismo e alle discriminazioni), spensierata ed allegra nonostante le tematiche. American Hotel, ancora la stessa tematica in un brano malinconico ed essenziale nella struttura; c’è anche la ripresa di un vecchio brano Bus Station in duetto con Nancy Griffith (che accompagna il nostro in diversi brani).
Una grande conferma con un paio di canzoni sotto tono, ma che conferma Tom Russell uno storyteller unico, appassionato ed appassionante come pochi.
Voto: 8
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