“AFTER-MATH”
autore: Rolling Stones
etichetta: Decca
anno di pubblicazione: 1966
con: Mick Jagger, Keith Richard, Brian Jones, Bill Wyman, Charlie Watts, Jack Nitzsche, Ian Stewart.
Se dovessi fare due nomi rappresentativi della swinging’ London non avrei dubbi: Mary Quant e i Rolling Stones, la prima ha inventato la minigonna e i secondi hanno insegnato a toglierla. Lanciati come i rivali cattivi dei Beatles, i 5 interpretarono la parte con tanta perfezione da venire identificati quali messi del male. Per questa fiction affatto riuscita si fanno perdonare anche la circostanza che vuole un sesto individuo confinato dietro le quinte causa scarsa fotogenicità. Ma cosa aveva di realmente nuovo la musica inglese nella prima parte degli anni Sessanta? In realtà niente, almeno sotto l’aspetto strettamente stilistico, dal momento che pescava a pieno ritmo nel blues, nel rhythm and blues e nel rock’n’roll più sanguigno. La novità era di tipo culturale ed era destinata ad incidere nel mondo della moda e dei comportamenti. Se il loro aspetto da ragazzacci, in contrapposizione al bon ton dei Beatles, fece degli Stones i veri campioni della contestazione, la capacità di costruire canzoni intorno a pochi elementi grezzi ne fece il prototipo del gruppo rock. After-Math è l’album migliore della loro giovinezza e contiene alcuni classici del periodo, Mother’s Little Helper, Stupid Girl, Lady Jane, Under My Thumb e l’inno Out Of Time, con Goin’ Home che sfonda la barriera degli 11 minuti e ½. Verrà poi la breve stagione della maturità, che va da Beggar’s Banquet a Exile On Main Street, e infine la senilità che, pur solcata da vari segni di sclerosi, non mancherà di regalare qualche decente alzata di testa, ma i veri Stones restano questi: la voce di Jagger, la ruspata di Richard, l’impeccabile motore Wyman–Watts e l’estrosità di Brian Jones, agnello sacrificale destinato ad accrescere il mito.