“1984”
autore: Hugh Hopper
etichetta: CBS
anno di pubblicazione: 1973
con: Hugh Hopper, John Marshall, Pye Hastings, Lol Coxhill, Gary Windo, Malcolm Griffiths, Nick Evans.
Hugh Hopper era stato, con Wyatt, uno dei reattori più funzionanti nel motore della Macchina Soffice. In questo esordio solista, che precede di poco l’uscita dai Softs, riesce a far combaciare tutte le sue influenze: le tecniche burroughsiane del cut-up, il minimalismo di Terry Riley, il jazz free di Ornette Coleman e quello elettrico di Miles Davis, ma il tutto è rivisitato / fagocitato in una prospettiva decisamente proto-industrial (i Throbbing Gristle non avevano per caso un punto di riferimento nel profeta Burroughs?). I brani più significativi sono i lunghi Miniluv e Miniplenty nei quali, esclusa la presenza di John Marshall nel secondo, Hopper fa tutto da solo. Comunque, sia la più jazzata Minipax I che le brevi, ma intense, Minipax II, Minitrue e Minitrue Reprise indicano un musicista al vertice della creatività. Le atmosfere del disco estrinsecano quell’inquietudine che già il titolo, derivato dal capolavoro di Orwell, lascia presagire, e solo l’autore ci potrebbe dire quanto, in tanta amarezza, abbia influito la china discendente intrapresa dai Softs. La considerazione di cui gode Hopper, dimostrata dalla ciurma di firme che è riuscito a catturare per l’unico brano realmente collettivo, rappresenta comunque un buon ricostituente. 1984 è il vertice di una ricerca che ossessionava il bassista già da anni, aveva dato un primo risultato di rilievo in Facelift (su Soft Machine Third) ed è destinata ad avere degli strascichi con 1984 (su Soft Machine Six, che sarà pubblicato quando Hopper si sarà ormai autoescluso dal gruppo). Un anno prima, esordendo con i Matching Mole, Robert Wyatt aveva polemicamente intitolato un suo brano Dedicated To Hugh, But You Weren’t Listening… e Hugh ascoltò.