(Idea Records 2003)
Seppure intorno alla sua figura non sia mai stato fatto molto baccano e il suo nome venga associato alla produzione di altri, Christoph Heemann è uno dei musicisti più importanti dell’ultimo decennio. Mirror è la sua esperienza collettiva attuale, che condivide con Andrew Chalk (ma in passato sono stati coinvolti nel progetto anche Andreas Martin e Jim O’Rourke) e che è fondata essenzialmente sulla manipolazione delle chitarre. Drones chitarristici, quindi, armonici preziosi che carambolano come masse in assenza di gravità. Fluttuazioni e rarefazione per un viaggio cosmico profondamente introverso e solitario, lontanissimo da quell’enfasi che in passato ci hanno proposto, per esempio, i Tangerine Dream (scusate ma proprio non li digerisco). A tratti catacombale, o meglio votato alla mancanza di gravità, il suono non si libera mai dei bassi volumi e gioca quasi sempre su sequenze in movimento che lo distinguono pure dalla tendenza al ristagno di molto dell’ambient più recente (quello conosciuto come isolazionismo). Un’altra caratteristica è il senso di fluttuazione, di vuoto d’aria, la sensazione cioè di qualcosa che viene risucchiata verso il basso salvo poi ritornare sulla rotta stabilita. Infine c’è l’idea di attrito, di collisione sporadica e occasionale con corpi infinitesimali alla deriva nello spazio, l’idea di pulviscolo, così come di una luce costante che ti perseguita ventiquattr’ore su ventiquattro. Insomma ci sono tutte le caratteristiche per fare di “Solaris” la perfetta sound-track per un viaggio cosmico mentale; e il titolo del CD non può che far pensare a Tarkovsky, al cui cinema Heemann s’era già ispirato, nel passato, in occasione del suo terzo disco solista “Days Of The Eclipse”. (no ©)
Voto: 8
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Autore: sos.pesa@tin.it