(Misplaced Music 2003)
Dopo una decennale e prolifica carriera trascorsa in sordina, orgogliosamente stretti al loro status di cult-band, gli Hood hanno due anni or sono finalmente avuto un discreto riscontro di pubblico con il loro atipico ed eclettico “Cold house”.
Questa improvvisa fiammata di interesse per il combo di Leeds ha dapprima portato alla ristampa su cd, ad opera della stagionata etichetta americana Slumberland (che a suo tempo fu la prima a proporre gli Hood sulla lunga distanza) di “Cabled linear traction” e “Silent ‘88”, primi due, ormai risalenti, lp del gruppo e, di lì a poco, ha indotto la giovane Misplaced Music, pure di Leeds, a regalare a fan vecchi e nuovi dei Nostri due succulente raccolte, delle quali, a dire la verità, si cominciava a sentire il bisogno.
La prima, della quale ci occupiamo qui, è “Singles Compiled”, un incredibile doppio cd che include tutti i brani originariamente inclusi negli innumerevoli 7” prodotti dal gruppo tra il 1994 e il 1998 per le più disparate etichette, il più delle quali oggi defunte (Orgasm, Love Train, Orange, Earworm, 555, Rocket Racer e Domino).
Le sonorità sono ben diverse da quelle molto dilatate, atmosferiche e non prive di contaminazioni elettroniche, per le quali il gruppo di Leeds è oggi conosciuto. Siamo assai lontani dalla soffusa malinconia di “You show no emotion at all” e di “Home is where it hurts”, dalla languida e soffocante solitudine di “Rustic houses, forlorn valleys” o dal poc’anzi accennato eclettismo stilistico di “Cold house”. Quella che qui ci viene riproposta è infatti la mistura a bassissima fedeltà (specialmente agli inizi) di pop, folk, psichedelia e rumore, che ha contraddistinto gli Hood prima maniera; una miscela spesso e volentieri creata all’insegna non solo della voglia di sperimentare ma anche di sconfessare, in nome dell’improvvisazione quale tecnica di scrittura e arrangiamento, lo stesso concetto di canzone/composizione, qual è inteso nella comune precezione degli ascoltatori. Molti dei primi sette pollici targati Hood, infatti, contenevano fino a sei (!) tracce, all’interno di ciascuna delle quali, in un brevissimo arco di tempo, era possibile rinvenire di tutto, da bizzarrie folk-psichedeliche a deflagrazioni di rumore sostenute da primordiali beat, generati da drum machines grezzamente programmate, e spesse volte non era proprio facile distinguere un brano dall’altro.
Chi ama gli Hood per quello che sono ora, storcerà senz’altro il naso, o quantomeno resterà un poco perplesso, ascoltando quanto questo doppio cd ha rispolverato e sottratto all’oblio e forse faticherà pure a riconoscere in esso la stessa band. Chi ha invece intenzione di scavare a fondo nel passato di uno dei fenomeni musicali più interessanti in circolazione e, più in generale, gli amanti della bassa fedeltà in se stessa, troveranno di tutto e di più, anche in considerazione del fatto che sono ben quindici i brani inediti qui inclusi.
Da segnalare, peraltro, che detta raccolta, coprendo il periodo che va dal 1994 al 1998, per quanto di proporzioni monumentali, non è esaustiva ed è da considerarsi complementare rispetto alla ormai irreperibile precedente, e altrettanto preziosa, compilation “Structured disasters”, comprensiva anche dei brani che comparivano sui due primissimi singoli degli Hood, su Fluff Records, “Sirens” e “Opening into enclosure” (datati 1991), licenziata tra il 1996 e il 1997, sia su vinile che su cd, dalla americana Happy-Go-Lucky, da tempo non più operativa.
Voto: 8
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Autore: acrestani71@yahoo.com