(Ghost records/Audioglobe)
Accade di rado che un disco riesca magicamente a condizionare in maniera determinante il nostro stato d’animo… all’improvviso ci si sente trasportare in una dimensione diversa; ci si ritrova avvolti da un’atmosfera che allontana i nostri pensieri dalla realtà che ci circonda proiettandoli verso un luogo diverso… spesso ci si ritrova coinvolti in un viaggio più o meno piacevole all’interno del nostro io e dei nostri sentimenti più profondi. Questo è ciò che mi è accaduto con l’ascolto dell’album di Mr. Henry, cantautore varesino al suo esordio discografico. In un attimo le atmosfere di questa lunga e tetra poesia cantata mi hanno allontanato dall’afa di un’estate opprimente, dominata dall’imperativo del “dobbiamo fare festa”, e mi hanno trasportato in un mondo intimo, scuro, avvolgente, in cui si è completamente soli di fronte alle proprie ansie e alle proprie paure. Lazily go through non è un disco facile… dimenticatevi le atmosfere estive goderecce, facili e innocue e immaginate di teletrasportarvi improvvisamente in un inverno grigio, freddo e piovoso in cui la solitudine è quasi un’entità reale con cui potete dialogare. Le musiche si rifanno al lato più oscuro del folk americano accompagnando, senza sfigurare minimamente, le suggestioni apocalittiche di “depressed singers” come Mark Lanegan e Steve Von Till (Fallin’ down on lonely days su tutte): l’ex cantante degli Screamin’ Trees (ora con Queens of the Stone Age) e il leader dei Neurosis sono sicuramente il punto di riferimento più forte per avere un’idea delle atmosfere di questi brani, che sembrano essere stati scritti sospesi sull’orlo di un abisso senza fine. Una voce calda e scura ci accompagna lungo una strada buia e tortuosa che sembra volerci condurre verso il lato più oscuro del nostro essere. Non mancano comunque accenni di suggestioni più pop, dove la melodia si fa strada nell’oscurità e culla i pensieri alla maniera di un Mark Linkous, ovvero Sparklehorse, come nella traccia 2 (Rent room) che, dopo un’inizio quasi alla Tori Amos, ci regala una melodia indolente, quasi fosse rubata da un vecchio carillon, con una bellissima voce filtrata e un suono di chitarra con tremolo che sfiora la perfezione. Anche il genio lo-fi di un Will Oldham (Palace) fa spesso capolino in brani quali il folk destrutturato di Useless love song. Ascoltatevi Let’em think so, sussurrata come una ninna nanna, e vi innamorerete di questo disco per sempre. Mr. Henry dimostra in modo inequivocabile che anche l’Italia (in questo caso Varese) può produrre perle di musica “diversa” e “altra”. Un esordio strepitoso, non per tutti… se vi piace andare in spiaggia a spaccarvi il cervello con l’ultima merdata latinoitaloamericana tutta corazon e senorita bonita state lontano da questo disco… potrebbe farvi riflettere!
Voto: 10
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Autore: krazy_kat72@yahoo.it