Moe!Staiano’s Moe!Kestra! ‘Two Forms Of Multitudes…’

(Dephine Knormal Musik/Pax Recordings/Edgetone Records 2003)

Di Moe! Staiano avevamo recensito in precedenza l’ottimo “The Lateness Of
Yearly Presentations” che si rivelava essere disco notevole nella sua bizarria
compositiva ed esecutiva, l’avevamo idealizzato come una sorta di fabbro pazzo e
muscoloso che percuote ogni oggetto gli capiti a tiro e forse non ci eravamo sbagliati
più di tanto anche perchè la corrosiva ironia che sembrava regnare
in tutta l’opera ci aveva praticamente stregato costringendoci a non togliere
quel cd dal lettore per lungo tempo.
Poi una lunga pausa dove in realtà l’avevamo anche dimenticato.
Quindi l’effetto di questo nuovo lavoro è se possibile ancora più
stupefacente, Moe! non sapendo dove altro sbattere la testa ha ben pensato di
mettere in piedi una bella orchestra di quelle che lasciano il segno torturandoci
piacevolmente, trovarlo in questa formazione sotto le vesti di conduttore ci ha
lasciato notevolmente perplessi all’inizio ma poi dopo il primo ascolto ogni dubbio
è stato completamente fugato.
La Moe!Kestra! ci propone due lunghe sessioni registrate dal vivo che ci fanno
letteralmente mangiare le mani per non essere stati presenti alle serate, rocciose
esibizioni di lucidità e forza muscolare si sovrappongono a più
strati in una clamorosa giostra spastica che in certi momenti letteralmente inchioda
all’ascolto.
Il linguaggio parlato è un’insieme di ripetitive battute e dissonanti arrangiamenti
che spesso e volentieri sfociano in territori prossimi a certe brutalità
post-punk sfruttando al massimo le possibilità di stratificazione
che la formula orchestrale offre. Sicuramente un pelo della follia della più
famosa orchestra di Sun Ra in queste note rimane, forse l’insistere in
maniera quasi orgiastica in alcuni frammenti percussivi o meglio ancora l’incedere
incessante e talvolta quasi demente della sezione fiati che sbuffa e si slabbra
con gioia in indefinibili smorfie funk-noir che rendono assolutamente teatrale
e grottesco il tutto.
Ma sia chiaro però, questo è un’organico che ha nell’impatto dissonante
il suo punto di forza come il morboso ottavo frammento ci dimostra, una psicotica
marcia fra percussioni impazzite e ritmi negroidi che sfociano in un’incedere
molto Cop Shoot Cop impegnati in un duello sul muro del suono con l’Art
Ensemble Of Chicago
.
Vi sono poi subdole stasi lunari dove la tensione è data dallo sfiancarsi
metallico degli strumenti su ripetizioni infinite che acquistano di attimo in
attimo potenza avvicinandosi sinistramente alle antiche creature del signor Glenn
Branca
quando flirtava con Z’ev; vien quasi da chiedersi come certi
passaggi potrebbero suonare in mano ad un gruppo rock ( facciamo i Sonic
Youth
?).
Dimenticavamo di citare poi le spettrali intrusioni di una lounge post-nuclearizzata
che ogni tanto beffarda e maligna spunta nel bel mezzo del tutto conferendo se
possibile un’atmosfera ancor più deviante al tutto.
VOGLIAMO IL VIDEO DELLE SERATE!

Voto: 8

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