Rafael Toral_Manuel Mota-Margarida Garcia

Centro Culturale Zo, 27,28-09-2003, Catania

 

Rafael Toral
Aeriola Frequency nel 1998 aveva rappresentato una delle più sublimemente compiute opere di sottrazione Cageana; un piccolo circuito in feedback che si autoalimenta, puro suono non legato alla volgarità della pianificazione umana e assolutamente figlio del caso. Anche in quest’occasione, pur non arrivando ai livelli di assenza di quell’opera, sono minime le fonti che alimentano la musica di Toral: qualche onda sinusoidale in libera uscita, lievi tocchi di chitarra processata e qualche vibrazione di theremin. Suoni che una volta generati vengono quasi del tutto abbandonati a se stessi, liberi di fluttuare e espandersi nell’ambiente per poi scomparire. Fluttuare ed espandersi, come le nuvole che vengono proiettate sullo schermo alle spalle del chitarrista. Spesso le mani di Toral azionano le antenne del theremin, simbolo stesso dell’indeterminismo in musica, quasi a voler delicatamente spingere le “note” a spiccare il volo, e anche la sala dello Zo reagisce con il suo acustico vibrare sotto la spinta delle risonanze, integrandosi perfettamente alla musica.  E’ un concerto fatto di piccoli gesti quello che viene proposto, efficace nel rappresentare la fragilità e bellezza delle cose osservate nell’istante stesso del loro simultaneo nascere e morire.
Manuel Mota e Margarida Garcia
Considerato da molti il nuovo Derek Bailey, Mota torna ad esibirsi in coppia con la contrabbassista Margarida Garcia, complemento ideale con il suo andamento erratico e misurato alla sua chitarra, dopo l’escursione in solitario del recente album Leopardo. E’ musica che ha un background jazz, ma assolutamente priva degli aspetti più spettacolari per diventare pura astrazione in punta di piedi. Pennellate frastagliate e accidentate si alternano a sottili ricami attorno al silenzio. Scale accennate e poi soffocate, grande uso del hand tapping, mentre il contrabbasso, suonato anche con l’archetto e spesso semplicemente percosso, enfatizza alcuni momenti diventando di volta in volta puntillismo e borbottio. Una performance molto intima nella sua compostezza, con i due che sembrano quasi parlarsi in una lingua in codice Morse, tuttavia comprensibile nell’emozione dei suoi effetti terribili e struggenti.

Alfio Castorina