Viaggio cartaceo nell’universo Poe-Reed.
E’ innegabile che Minimum Fax sia ormai un punto di riferimento letterario per ogni tipo di ‘americanista’: dal serio studioso di letteratura che può contare su utilissimi strumenti di traduzione passando per l’appassionato lettore in lingua che finalmente può consigliare ai suoi amici “non-english-readers” un capolavoro come The Floating Opera di John Barth fino ad arrivare al curiosone di novità che ormai in libreria si ritrova a riconoscere l’inconfondibile grafica editoriale come sinonimo di ‘tenuta del polso’ in real-time della narrativa a stelle e strisce.
Un gradevole salto ulteriore rispetto alla letteratura in senso stretto è costituito da questa pregevolissima iniziativa di rendere disponibile in traduzione una delle opere ‘rock’ più complesse degli ultimi anni. Complesse non certo per intellettualismo volutamente perseguito dall’autore sul piano letterario (se Lou Reed è il portavoce di una qualche vocazione avanguardista in ambito rock questa risiede proprio nel fare dello sperimentalismo di matrice colta un accessibile veicolo pop), ma per il gioco d’intarsio (nel senso più pieno del termine) che egli compie sull’opera di un autore come Poe che, essendo di per sé un ‘classico’, non smetteva di reinventarsi già da sola. L’operazione di Reed (nata come spettacolo teatrale poi divenuta opera musicale con ospiti illlustri) ha un che di riconoscibilmente ludico: Lou taglia e cuce la materia letteraria curvandola ai propri voleri (cita, riscrive, inserisce versi suoi), fa riapparire fantasmi di sue precedenti composizioni liriche qui trasfigurate in veste ancor più evocativa, crea connessioni intra ed extra-testuali.
Se è di tutto questo lavorio che vive il libro in questione, di tutto questo interscambio tra le diverse forme di comunicazione, c’è da dire che l’edizione italiana ne conserva (quasi) intatte tutte le principali caratteristiche. La traduzione di Riccardo Duranti infatti sembra raccogliere a sua volta la sfida nel cercare di restituire un’ulteriore parcellizzazione personale del materiale assemblato (molto azzeccata la scelta di rinunciare alla fedeltà letterale a favore del gioco di rime nell’omonima The Raven ad esempio, così come una certa consapevole libertà linguistica in generale) rispettando le indicazioni dell’autore che parla appunto di “un’opera scritta per l’immaginazione[…] fatta per essere ascoltata mentalmente”. E la lettura del libro, rispetto all’ascolto del disco, regala proprio questo: un abbandono mentale totale nella suggestività di un linguaggio fatto di arcaismi ‘drenati’, nella paradossale teatralità implicita delle espressione quotidiane inserite di volta in volta, nel mormorio onirico di versi senza tempo ridotti in diversi casi a dozzinale sceneggiatura da un uso sapiente dei registri linguistici.
La parola ha avuto sempre un ruolo base nella musica di Reed tanto che l’intero corpus musicale dell’artista newyorchese può essere considerato un’immenso ‘word-in-progress’, dalla parola musicata, alla parola ‘assente’ nei deliri strumentali, fino appunto alla vitale parola ‘recitata’ di “The Raven”. Ora, grazie a questo prezioso libercolo pubblicato in due edizioni (copertina bicolore complementare), potete immergervi agilmente in essa visitando entrambe le sponde degli oceani linguistici (e culturali) che separano il lettore di oggi dal Lou Reed di sempre. Un tassello in più nella agiografia italica di uno dei pochi ‘scrittori’ in grado deformare ogni singola folk song in uno squarcio d’esistenza consapevolmente raffigurato.
Ci auguriamo che per la Minum Fax sia solo l’inizio di una lunga serie di iniziative sul genere. Autori ‘rock’ (conclamati o latenti che siano) degni di tali attenzioni sono da sempre in ogni dove.
Mauro Carassai
Lou Reed: “The Raven”