“THE LOW END THEORY”
autore: A Tribe Called Quest
etichetta: Jive
anno di pubblicazione: 1991
con: Q-Tip (Johnathan Davis), Phife Dawg (Malik Taylor), Ali Shaheed Muhammed, Vinia Mojica, Ron Carter, Lord Jammar, Sadat X, Busta Rhymes, Dinco D, Charles Brown, Diamond D.
Dopo aver lasciato il portafoglio in El Segundo gli A Tribe Called Quest se la batterono a gambe levate dalle secche dell’hip-hop sfasato, a la De La Soul, per tentare una seria revisione sul corpo flaccido della musica afroamericana. Afrocentrismo, e riacquisizione di quella ricca identità culturale nera troppo spesso smarrita per strada, sono gli elementi principali attorno a cui ruota la loro fenomenale libertà di parola. Il loro recupero del jazz (la presenza in un brano del vecchio Ron Carter è tutt’altro che casuale) e del funk può sembrare accompagnato da una perdita di nerbo, ma in realtà quello che viene meno è soltanto l’aspetto più burino dell’hip-hop. Un rapping sciolto e veloce, con stacchi repentini molto ad effetto, accompagnato dal gusto che contraddistingue l’inserimento di elementi stranianti quali possono essere un coro femminile, Verses From The Abstract, o il suono tenue di una tromba, Jazz (We’ve Got), sono gli elementi in grado di rendere tipico e unico il loro mood. Frammenti di poesia come la spiritata Everything Is Fair, le travolgenti Scenario e Check The Rhime (con l’allucinato fraseggio fiatistico), Rap Promoter, Show Business e What? (nelle quali si fa apologia di funkadelia) sono altrettante pagine indimenticabili. The Low End Theory è uno di quei dischi che non si infilano in un vicolo cieco ma aprono spiragli, sul futuro come sul passato, facendoci addirittura pensare che se Miles fosse nato nel 1970 avremmo avuto un trombettista in meno e un rapper in più. È un album che, pur non essendo spinto da un grande battage pubblicitario (venne pure stroncato da qualche esperto), si è fatto largo con la propria forza stilistica fino a raggiungere lo status del classico.