L’estate è passata ma la vita è sempre una merda!
Reports datati lo so ma come si dice: meglio tardi che mai no? Eccoveli allora non proprio caldi….buona lettura.
Cap 6 – 8 luglio ’03 Spazio occupato ZK – What Happens Next? + L’amico di Martucci + Comrades + Fucking Blood + Coloss + Frank Drevin
Giornata infrasettimanale. Per arrivare ad Ostia costringo Stef a venirmi a prendere in quel di Magliana. Causa problemi con automobile arriviamo sul luogo ad ora davvero tarda e per la seconda volta nella stagione i Fucking Blood hanno già suonato. In realtà la faccenda è un po’ particolare… Arrivo allo ZK contemporaneamente al loro simpatico bassista capellone e dunque? La stranezza nasce dal fatto che il batterista del gruppo si era dimenticato di dover suonare ed aveva preso altri impegni e quindi i Fucking Blood non avrebbero dovuto esibirsi. Ma la creatività di Greg ha dato luogo ad una messa in scena spettacolare: ha cantato in playback! Fantastico e me lo sono perso…
Seguono i Comrades che azzeccano un’ottimo spettacolo davvero molto vario con tanto di nuova canzone in italiano. Si cominciano a vedere gli effetti della ridotta line-up…
Salgono sul palco i L’amico di Martucci ed è la prima volta che li sento dal vivo. Il sette pollici mi era piaciuto molto ma sentirli dal vivo è travolgente! Non sputano mai, corrono e pistano come dannati sopra e sotto il palco, non ce la si fa letteralmente a stargli dietro. Decisamente in corsa per essere il miglior gruppo della serata!
Le pause tra un gruppo e l’altro sono lunghette e vengono trascorse nel giardinetto adiacente tra biliardino, rotti e scoregge.
Quando arriva il turno degli americani l’ora è davvero avanzata, il pubblico tutt’altro che folto e i W.H.N.? abbastanza scojonati. Giustamente non fanno molto per nasconderlo tant’è che la prima cosa che dicono dal microfono è “ma suoniamo così presto? Sono solo le tre. Buongiorno a tutti!”. Purtroppo però il concerto risente non poco di questo loro stato e quindi spettacolo carino ma non da ricordare particolarmente per un gruppo che sicuramente in certe situazioni spacca tutto. Pochine le canzoni, ancora meno il fomento…
Ma i W.H.N.? non sono gli unici ad essere traumatizzati dall’ora e i Coloss decidono di non suonare anche per impegni lavorativi del giorno dopo, come dargli torto?
Invece chi non si fa impressionare da questi “dettagli”, cresciuti ai concerti di Torre Maura (che normalmente finiscono la mattina manco fossero Rave), sono i Frank Drevin. Salgono sul palco e si sistemano con calma e quando cominciano lo spazio trema. Devo dire che sono tra i migliori a Roma nella musica estrema a cavallo fra grind, metal e hardcore. Ma riesco a malapena a tenere gli occhi aperti e non oppongo nessuna resistenza quando Stef viene a raccattarmi per tornare a casa…
Gag finale: nella corsia centrale della strada che ci porta a Roma (praticamente una super strada) troviamo parcheggiati sei-sette motorini a distanza di due-tre cento metri l’uno dall’altro assolutamente nel bel mezzo del nulla… i misteri dell’hinterland!
Cap 7 – 9 luglio ’03 Festa dell’Unità di Correggio (RE) – Tomahawk + Melvins
La sera prima mi faccio convincere da Greg e Diego ad andare l’indomani con loro e tal Serena nella pianura padana. In realtà non sono mai stato un gran fan dei Melvins e Mike Patton è dai tempi dei Faith No More che non lo cago più di tanto. Resta la curiosità di vedere questo nuovo progetto che include anche batterista degli Helmet, chitarrista dei Jesus Lizard e bassista dei Melvins. Ma il vero motore di questa trasferta è pensare che precisamente dieci anni or sono (luglio 1993) mi recavo solitariamente al festival pidiessino di Correggio per vedere i Bad Religion nel tour di Recipe for Hate. Molto amarcord…
Appuntamento di fronte al Temple of Noise al quale mi reco con zaino di abnorme dimensioni. Il viaggio, abbastanza lungo non c’è che dire, si svolge senza particolari elementi di rilievo; Greg sta in una fase di semi scojonamento ma si sforza di socializzare e a tratti sorride pure.
Entriamo nello squallore diessino fra baretti finti etnici e stand della Renault e il nostro primo pensiero va al cibo. Decidiamo che va benissimo una pizza e, dopo un’attesa tipo poste-l’ultimo-giorno-per-presentare-l’ICI dovuta all’inettitudine dei “compagni” pizzaioli, riusciamo anche a mangiare mentre cominciano a suonare gli Zu in sottofondo. Terminato il frugale pasto ci dirigiamo verso l’ingresso dove ci sottomettiamo umilmente all’abominevole salasso del biglietto d’ingresso. Quando cominciano a suonare i Melvins il sole non è ancora tramontato del tutto. Il loro concerto è esattamente come ci si sarebbe aspettato da loro, quindi sicuramente fico ma allo stesso tempo abbastanza freddo. Suonano per tre quarti d’ora spaccati e se ne vanno.
Dopo una pausa salgono gli headliners della serata. Che dire? Molti astanti sembravano decisamente presi dal gruppo (Greg compreso), personalmente avrei sperato qualcosa di più. Anche loro suonano per tre quarti d’ora secchi senza bis di cui la metà del tempo in silenzio con Patton che schiaccia un pulsante facendo Bip! Bip! I passaggi “pestoni” sono effettivamente belli (anche se brevi), resta però per me una rosicata e uno spreco il fatto che non canta mai in un microfono normale; ne usa almeno quattro aggiustandoseli sul mixerino che ha davanti facendo sicuramente sfoggio di sapienti capacità, ma alla lunga stucca… Gli altri ovviamente bravi ma l’atteggiamento complessivo mi lascia davvero infastidito. Atteggiamenti da rock star a manetta (del resto lo sono!), ogni volta che il chitarrista faceva una schitarrata sembrava ci stesse facendo un favore, Mike Patton passa il tempo fra una canzone e l’altra a prendere per il culo il pubblico che inspiegabilmente continua a ridere e ad applaudire…
Quando finisce tutto saranno le 23 e trenta. Dopo poco cazzeggio lasciamo Greg alla sua sorte e ripartiamo in tre. La presenza femminile si sbraca sul sedile posteriore e dormirà la quasi totalità del viaggio. Io mi godo la squisita compagnia di Diego che, guidatore incallito, mi intrattiene con geniali racconti di aneddoti di viaggi americani, nonché di chicche sui suoi ex gruppi; su tutte: la vera storia del sette pollici dei Sulle spalle delle pietre che andrà senz’altro scritta per tramandare ai posteri le gesta del Tiracchia. Costringo l’allegra compagnia ad attraversare tutto l’Appennino (e non è la prima volta) per farmi lasciare a Perugia dove trascorrerò il resto della notte su un treno fermo al binario in compagnia di famiglie slave, barboni ed extracomunitari vari…
Michele Panuccio