Kid Commando ‘Holy Kid Commando’

(Ache Records 2004)

Sono tipi di poche parole alla Ache. Estremamente diretti (qualità di cui si sente estremo bisogno di questi tempi – e non solo in politica). L’etichetta canadese sforna dischi di corta durata come pugni in faccia immotivati o insulti irriverenti che non ammettono possibilità di replica. A raffronto dei quattordici minuti dello splendido e indimenticabile debutto dei Death From Above, questo “full length” dei Kid Commando (alle spalle parecchi 7” compresi un paio di split con Arab On Radar e Radio Berlin) raddoppia le durate, dimezza forse l’intensità d’impatto e lascia completamente inalterata la ‘trasversalità’ della proposta musicale. I tre loschi figuri sono in grado di far rivivere, come in un’estate di S. Martino, la stessa atmosfera extreme-anarcoide-delirio-deragliante della scena no wave newyorchese. Nove brani di sferragliamenti minimal noise tra echi ‘funk’ alla Contortions e inarrestabile furia iconoclasta alla Cop Shoot Cop (in primo piano permangono infatti i clangori ‘a quattro crode’) in cui riescono a far capolino perfino i Butthole Surfers nel cantato dell’iniziale Urban Bushman o l’insistenza sgrammaticalmente reiterata di certe cose dei Fall in Nuff Said. Tutti i pezzi sono di ottimo livello con diversi picchi ‘di genere’ (la spassosa e ‘rockeggiante’ – con tutto quello che il nome di un Jon Spencer a cui sia stato requisito tutto il blues conservato in cantina può evocare – Fall Fall Fall o la cacofonia tra Teenage Jesus, Foetus e Big Black della finale Basic Bioelectrics).
Se siete amanti delle terre musicali di nessuno, del (buon) cattivo gusto o anche più semplicemente di Slint, June of 44, Black Eyes o più ostinatamente della (ancora utile?) parola post rock …, tuffatevi senza indugio.

Voto: 7

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