Rocket Science ‘Contact High’


(Eat Sleep/Audioglobe 2004)

La Eat Sleep sta mettendo a segno una serie di colpi niente male per essere una semiesordiente. Insieme al bell’album dei The Belles (consiglio vivamente agli appassionati di country pop di tenere d’occhio il duo del Kansas), ecco servita un’altra prelibatezza per palati d’altro genere, vale a dire tutti quelli che negli ultimi tempi sono restati all’asciutto in fatto di garage rock.
Gli australiani Rocket Science sembrano infatti avere tutte le carte in regola per farci distogliere lo sguardo inebetito dai megariflettori puntati sui vari Vines e Jet e mostrarci che l’adrenalinica miscela sixties-punk del minimalismo rock può condirsi, a dispetto del loro look trito e ritrito, anche con un’attitudine più up-to-date. Se le coordinate sono infatti tra l’appeal dei Fuzztones, la furia selvaggia degli Stooges (riproposta anche negli infuocati live shows di apertura per i Supergrass) e la cacofonia noise di un ibrido transdecennale tra Hunches e Sonics, ciò che colpisce sono proprio le (involontarie?) deviazioni dalla ‘norma’ che il loro ‘organ sound’ (organo suonato dallo stesso singer Roman Tucker) finisce per proporre. Provate ad assaggiare l’atmosfera popedelica di Open Air Channel, la lisergica morbidezza di Hyperspace (che avrebbe potuto uscire perfino da “13” dei Blur, complici le sfumature Albarniane della voce di Roman), le microfilastrocche di tastiera da sigla seventies speziate di echi psudoorientali di Tomorrow’s Soundtrack. Per non parlare della carica sensuale di brani come Being Followed, dell’irresistibile voglia di dimenarsi che fanno scattare brani come Going Away, delle zaffate di disco settanta che escono da One Robot (speriamo di ritrovarla nella soundtrack del cult-movie di un qualsiasi Tarantino del 2040). Hanno un ‘non so che’ che non quadra i Rocket Science, quel quid che li rende appetibili ad audience molto diverse tra loro e che sarà di sicuro il (neanche-tanto) segreto del loro (in?)successo (io scommetterei su un gruppo del genere ad occhi chiusi ma le dinamiche di notorietà di questi tempi sono talmente contorte da scoraggiare qualsiasi appello alla ragionevolezza).
In ogni caso per gli appassionati del genere garage via libera assoluto: l’energia (ora brutale ora ammiccante) di ogni singolo brano convince molto di più della maggior parte dei prodotti in circolazione.

Voto: 8

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