Aa. Vv. ‘PO BOX 52.5’


(Wallace Records, 2003)

Il volume 5 è forse l’episodio più atipico della serie PO BOX della Wallace, in quanto per la metà esatta si allontana dai richiami rock (versante post) per ospitare due grandi realtà italiane dedite ad una ricerca sonora fuori dai suddetti territori: i Mouse and Sequencers di Nicola Giunta, creatore dell’Aleatory Productions (a proposito, stiamo aspettando la seconda compilation) e già autori di vari cd-r, e Claudio Rocchetti che ha debuttato l’anno scorso con un bellissimo disco su Bar La Muerte. I primi alle prese con la loro personale formula sonora fatta di melodie stralunate ed esotiche. 6 tracce in cui convivono del post-pop strumentale e lisergico e devianti incursioni elettroniche (part1) ora sottilmente rumorose ora dai suoni lunari (part5). Nella due lunghe tracce di Claudio Rocchetti, invece, che possono essere considerate come la degna appendice al suo ottimo disco d’esordio, ci viene offerto un saggio delle sue doti di turntablist, alla maniera di Christian Marclay o, per rimanere in Italia, del Giustino Di Gregorio magnifico del disco Tzadik. La prima traccia è un cut-up di chitarre acustiche, fiati free-jazz, sinfonie classiche, rumorismo, elettronica minimale, world music, avanguardia, il tutto in porzioni rapidissime, così brevi e sfuggenti da affrancarsi dalla musica che li conteneva per assumere qui una forma nuova, unica e definita. Nel secondo pezzo, invece, si tende alla costruzione melodica per arrivare alla realizzazione di un pezzo “classico”. Con Campofame e Pola si ritorna alle architetture più propriamente rock. I primi forti di un suono scheletrico eppure corposo danno vita a tre ottime tracce tra paesaggi desertici e passaggi coinvolgenti, caratterizzati dall’assenza della batteria che dona al tutto un’atmosfera magicamente sospesa. Nei Pola troviamo il Tellaro Tazio Iacobacci che insieme a vecchie e nuove conoscenze apre questo progetto cantautoriale tra soffici ballate candidamente orchestrate, atmosfere alla United States of America (When i Think of you it’s always too late) e certi richiami lousvilliani (my plans failed), con uno spiccato ed apprezzabile gusto per gli arrangiamenti non banali (sentire gli elettronics di We’ve nothing to lose).
Forse il migliore volume della serie.

Voto: 8

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Autore: agguato@hotmail.com