(Autoprodotto 2003)
Piuttosto sorprendenti questi Damien, soprattutto in come riescono a proporre qualcosa di già sentito ma capace di interessare l’ascoltatore fino alla fine. Il loro rock disperato impastato di paturnia tipicamente Museesquie e problematiche Bushiane non stupirà probabilmente nessuno, ma il trio marchigiano riesce a mettere insieme un bel pacchetto di canzoni orecchiabili e con dei testi quasi mai banali. Questi ultimi sono ovviamente in inglese, e se ne capisce immediatamente il motivo ascoltando l’unico pezzo in italiano, Atrofizzazione, che sembra quasi risultare meno ‘incisivo’ degli altri. Poi lungi da me aprire la diatriba ‘è meglio anglofonia o campanilismo per le canzoni’ che ha davvero un po’ rotto le balle.
Comune c’è da dire che per essere un album di produzione propria, i tre godono di una professionalità sicuramente invidiabile; a partire dal packaging piuttosto azzeccato (bello il libretto, anche se i testi sono un po’ difficili da trovare) fino alla produzione stessa dell’album, pulita e vincente. I Damien poi eseguono il ‘compitino’ con altrettanta professionalità e infilano 40 minuti gradevolissimi, con pezzi immediatamente orecchiabili (Matusalem), momenti più ricercati (Silent Hill) e qualche sferzata hardcore che non ci sta mai male (The_Leg).
Qualche volta forse cadono un po’ troppo nel ruolo di cloni (ma è Matthew Bellamy che canta in Human Nature?), il che non rende sicuramente giustizia alle buone canzoni e alla buona tecnica del trio.
Comunque il loro materiale riesce quasi sempre ad imporsi prima delle ‘fonti’, e dunque è questo l’importante. Aspettiamo una maggiore sicurezza nei propri mezzi in futuro e intanto godiamoci questa chicca.
Voto: 8
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