(Fat Possum Recrds 2003)
Lode e gloria alla Fat Possum Records che ci da la possibilità di deliziarci con dischi come questo superbo ‘Dead Man Shake’, ma soprattutto perché permette ai suoi artisti di esprimersi in un liguaggio musicale ancora legato agli istinti e alla passione più che al business ormai purtroppo imperante e dilagante.
In questo specifico caso abbiamo (udite udite) Mr. Paul Westeberg; che non è nuovo a flirt con Blues e musica delle radici; qui ai massimi livelli in quanto a feeling e approccio con la difficile materia, come se ci trovassimo di fronte a qualche disco targato Chess Records di diversi decenni fa. Il Blues è principamente elettrico: batteria, basso e chitarra come nella migliore tradizione del genere (ma è proprio di Westerberg la chitarra? In caso affermativo è un chitarrista Blues grandioso; purtroppo le note presenti nel booklet interno sono davvero scarse), o dei generi se vogliamo, in quanto un Rock and Roll primigenio è presente in dosi massicce, cosa che non sfigura affatto, anzi, se il Rock come si dice da più parti è figlio del Blues qui ne abbiamo la definitiva conferma. Lo stesso Paul Westeberg canta con una voce più vicina al primo Mick Jagger che a quella di un navigato Bluesman, caratteristica questa dal mio punto di vista molto positiva: ricordiamoci infatti i Rolling Stones, o i Fleetwood Mac di Peter Green alle prime armi, con il Blues nel sangue e l’entusiasmo alle stelle. Paul è comunque un creativo, mischia le carte sempre con molta personalità, non “coverizza” e basta, il risultato finale è vario: Blues, Rock and Roll e anche Coutry (notevole la cover di Souvenirs di John Prine) sono mixati in modo straordinario, addirittura nel brano finale What Kind of Fool Am I si improvvisa un perfetto crooner spiazzandoci per l’assoluta diversità dagli altri brani, anche se non più di tanto però, non dimentichiamoci che stiamo parlando di Paul Westeberg un personaggio in cui ecletticità va a braccetto con genialità. Per il resto comunque solo Blues e Rock and Roll trattati in Low-Fi da ascoltare e basta: insomma un sound tanto coinvolgente da catturarci immediatamente. Ah, dimenticavo! Qui Paul usa lo pseudonimo di Grandpaboy, che tradotto suonerebbe come nonnoragazzo, non è straordinario? Cinque stelle, me-ri-ta-tis-si-me.
Voto: 10
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Autore: letitrock@tiscali.it