(4 AD 2004)
Un noto signore filosofo diceva che si dovrebbero leggere solo quei libri che sono un colpo in testa. ‘Misery Is A Butterfly’ è questo tipo di creatura, l’ombra che si infila nel sonno solo per picchiarti, quel non senso provvisorio e sottile che ti restituisce il cuore, finalmente. Se fate un giro in rete troverete delle recensioni molto belle di questo lavoro, perciò non aggiungerò altri commenti, riferimenti o storie su “Misery”. Vorrei solo sottolineare la generosità di una simile proposta (la crudeltà è sempre generosa). Un disco opaco, onirico e denso quanto può esserlo uno stato di coscienza, un’immersione tanto assoluta quanto fragile, là nel luogo dove si fa l’esperienza concreta del patire e divenire la farfalla Misery. Ultimamente sembra che non si possa fare a meno di dichiarare ‘tristezza e depressione’ per essere un buon gruppo post-rock… I Blonde Redhead prendono un’altra via. E’ la timidezza, la cura, l’attenzione nell’attraversare un certo luogo -la farfalla, la montagna magica- a raccontare una tensione fisica ed emotiva, una trasformazione, un divenire appunto, che forse è tristezza, forse malinconia o forse semplicemente struggente meraviglia. Ma senza mai dichiarare nulla, piuttosto, sussurrando con dolcezza.
In tutto ciò sta il morbido rapimento (si diceva una volta che la musica ‘rapisce’) precario e irrisolto di “Misery is a Butterfly”, giusto il tempo del volo. E poi? Ti ritrovi a terra, ossessionata da quelle melodie crudelmente apparse e scomparse:
“Lay me down in the ground softly, softly. Don’t remove my head hurts much too much” (Elephant Woman)
Voto: 10
Link correlati:Sito ufficiale dei Blonde Redhead
Autore: kfraticelli@hotmail.com