(Epic/Sony 2003)
Ritorna Filippo Gatti, dopo l’esperienza, ormai conclusa, con gli Elettrojoyce.
Non tutto ciò che è stato viene dimenticato, ma rimasto da solo si amplifica la testualità del lavoro del musicista romano: testi brevi, semplici, diretti e molto molto affascinanti. C’è da riconoscere a Gatti una notevole capacità di scrittura, attento a certa retorica vicina al classico cantautorato all’italiana (Fossati), cantati d’altronde con garbo e voce “polverosa” (alla Fossati, appunto…). I toni sono quindi un pò più soft rispetto ai lavori precedenti, un pò più intimi, anche se il tutto mantiene un piglio discretamente rock.
I testi e la voce piacevole non sono, però, i soli punti di valore di questo lavoro: l’attenzione, ripeto dovuta, ai testi non deve far tralasciare in un secondo piano la musica, che è ben suonata, ben costruita e senza la quale tutto il resto risulterebbe ben poca cosa rispetto invece a quanto realmente vale l’alchimia in pezzi come Requiem per i grandi numeri, oppure Kaya, che posta in apertura del lavoro, lo rende così invitante tutto il reso; per non parlare della penultima traccia che vede un bel tappeto di synth per il testo, molto “orientale” e bello. Sincero.
Affronta molti punti importanti quest’album: la memoria libera (in duetto con Lauzi), il cui argomento è esplicitato sin dal titolo, o la già citata Requiem per i grandi numeri, che lo fa parlare dell’attualità, e che vede un altro romano da tenere sott’occhio, Riccardo Sinigallia, affiancarsi a Gatti, per questo pezzo riproposto in due versioni, entrambe esempio di una unione che potrebbe far fruttare qualcosa di ottimo in vista del futuro
Un occhio al passato ed uno sguardo al presente (politico e non), quindi.
Aspettiamo con sguardo benevolo un ulteriore slancio verso il futuro, fiduciosi nei confronti di un artista che non ha ancora smesso di migliorarsi
Voto: 9
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Autore: akoros@libero.it