(Faith And Industry 2003)
Un disco fresco fresco e divertente.
Non ci sono molte altre parole per definire il lavoro di questo ragazzo d’origine irlandese di 19 anni , che sicuramente farà sul serio, ma che sembra aver fuso tutti i suoi probabili amori ed aver creato un ibrido piacevole e spassoso.
Ci sono i cori e voci che spesso si avvicinano ai Depeche Mode in To The Lighthouse e A Boy Like Me, c’è qualcosa che ricorda Morrisey, ma il tutto è condito da basi che sono, ovviamente, al passo coi tempi, vedi Bloodbeat; senza nessuna preoccupazione possiamo sentire uno sull’altro ritmi tecno, oppure hip hop, assieme a cori degni della migliore tradizione pop inglese. In più sin dall’inizio Patrick gioca, a cominciare dal suo nome, tanto da intitolare il suo album ‘Lycanthropy’, e poi riempe di ululati il disco, come d’altronde non sono da meno i suoi gridolini tra un pezzo ed un altro: sembra così tranquillo ed a suo agio da scherzare senza alcuna remora, si lascia andare ad esploit che condiscono quasi ogni brano di quel “qualcosa” che lo rende piacevole ad ogni ennesimo ascolto.
Infatti trattandosi fondamentalmente di materia pop riarrangiata, come dicevamo, con piglio ballabile ed attuale, spunta sempre, qui e là, quell’espediente che la volta precedente non si era colto, quegli archi e certe chitarrine quasi folk Pigeon Song che la volta prima non avevamo riconosciuto.
E visto che sempre di qualcosa vicino al pop si sta parlando, non potevano mancare piacevolissimi brani più simili ad una ballata Demolition. Ed anche in questo caso ci troviamo di fronte a pezzi ben costruiti, ben arrangiati, e, non smetto di dirlo, ben cantati.
‘Lycanthropy’ è un disco consigliatissimo e folgorante, che rimane piacevole ed interessante anche dopo il primo ascolto perche la sua alchimia di synth molto anni ’80, senso ritmico decisamente più moderno The Chilcatcher, London, strumentazione classica che annovera chitarre, chitarrine, organetti e tutto quanto può far parte della tradizione musicale anglosassone ‘Lycanthropy’ viene esaltato da un attegiamento piuttosto personale: abbiamo già detto della voce, che non esita a scherzare con se stessa, e con i suoi stessi modelli. C’è da aggiungere che il nostro taglia e cuce loop ritmici, voci, suoni vari, con un fare apparentemente approssimativo, conferendo al suo lavoro quel senso di sporcizia, che rende il tutto un pò garage.
Finalmente qualcosa che non esito a definire giovane, in ogni senso.
Voto: 5
Link correlati:Patrick Wolf
Autore: akoros@libero.it