(Rounder Records 2004)
Se vi è piaciuto il rock-blues dei Black Keys o il rock and roll di Grandpaboy/Paul Westeberg, allora questo “A Fix Back East” dei bostoniani Tarbox Ramblers fa decisamente al caso vostro (nostro, mi ci metto anch’io) in quanto questi ragazzi masticano Blues, Rock and Roll, Country e Psichedelica sixties alla grande, ponendosi forse un gradino più in alto in fatto di originalità rispetto agli altri citati sopra, pur rimanendo molto fedeli al Blues come testimoniano gran parte dei brani presenti nell’album. Intendiamoci, quando si parla di Blues e derivati, usare il termine originalità potrebbe trarre in inganno, o far inorridire un purista (ma ce ne sono ancora?), però intendere questo incredibile-grandissimo-straordinario-misterioso-emozionante genere musicale alla maniera dei Tarbox o dei Black Keys è gia moltissimo per una giovane band bianca (non storcete il naso il termine bianco è molto significativo quando si parla di Blues, un genere come si sa legato principalmente alla gente di colore appartenente ad un determinato luogo geografico con tutte le tristi implicazioni del caso: razzismo, violenza, emarginazione…….non mi dilungo altrimenti salta la recensione), omettendo chiaramente molti appartenenti alla scuderia Fat Possum in quanto sono loro stessi parte integrante del Blues, autentico fenomeno sociale oltre che musicale. In questo A Fix Back East si parte alla grande con Already Gone che sta fra Captain Beefheart e George Thorogood con una ritmica garage incessante, si cambia poi registro con Were You There un brano che riporta alle cavalcate lisergiche comuni a molte bands negli anni sessanta, qui chitarra, voce e violino si intrecciano in un insinuante brano, ci sono echi di Morrison (Jim), come se a tratti fosse stata ripresa The End, sicuramente una cosa inusitata. Intrigante e misterioso. Coutry blues è per contro un boogie classico eseguito con veemenza in cui una slide guitar incisiva e tagliente la fa da padrone. Si cambia ancora con No Night There, un country classico e solare con tanto di violino in evidenza, in cui la voce di Michael Tarbox si distende un pochettino facendosi meno cupa e abrasiva. A fix Back East e Ashes To ashes sono ipnotiche e cupe, sicuramente non blues ma straordinariamente coinvolgenti nelle loro dolenti atmosfere. Degna di nota anche Last Month Of The Year uno strambo gospel con alle spalle delle percussioni molto tribali; un cocktail difficilmente riscontrabile in altre parti. Tutto il disco si muove su questi registri: una solida base blues con innesti personalissimi di altri generi che si amalgamano perfettamente in un tutt’uno di sicura presa che va ascoltato e riascoltato soprattutto per il riuscitissimo connubio di generi diversi, ottenuto con il collante di un’identità musicale che in futuro potrebbe essere il marchio di fabbrica della band, tale da renderla immediatamente riconoscibile in un mare di forzato conformismo e talvolta purtroppo di desolante mediocrità. Anche qui cinque stelle; ma non sarò un po’ troppo ripetitivo? Pazienza, anche Van Morrison lo è.
Voto: 10
Link correlati:Tarbox on line
Autore: letitrock@tiscali.it