Neils Children ‘Change/Return/Success’


(Soft City 2004)

Via. Via. Aprite le finestre e fate entrare lo smog intramuscolare. Staccate la tv, e magari anche un bel biglietto per l’inferno. E dimenticatevi le caotiche e perfette leziosità di Von Bondies e Yeah Yeah Yeahs; accantonate il divismo glamour da passerella di quei bei faccini Versace sporchi al punto giusto. Altro che Strokes. Altri Libertini. Quella è gente studiata per i party in piscina ad Hollywood, tra coca e Martini, giusto per dare un brivido ai vipssss nell’essere appresso ad una rockstar viziosa. Millantano cattiverie. Bastardi. E non si tratta di purismo d’accatto, che noi si discute dell’attitudine e non della mera qualità dei lavori (peraltro elevata). C’è un brano qui dentro, si chiama I Hate Models, ed è stato – oltre che secondo singolo di questa congrega di devastati – manifesto programmatico della banda di John Linger. Che ha solo 21 (ventuno!) anni, ma vi giuro porterà questi Neils Children alla sommità delle vostre preferenze entro il prossimo Capodanno. E’ il c(l)inico maledetto pronto a sputare sangue sull’anima corrotta del rock and roll, il signor Linger. L’ennesimo bambino di una marmaglia sporca che ogni tanto ancora figlia, baciato dal sacro fuoco (con un alito pestilenziale) e pronto a rimetterci emboli, lombi e vene per consacrarsi e immolarsi nella corruzione rock. Ad ascoltare le tracce di questo velenoso debutto si ha la netta sensazione spazio-temporale che i nostri fossero sul palco durante Bingo Master’s Breakout o Action Time Vision, che aleggiassero sulla Helter Skelter di Siouxsie, si infilassero i Blue Cheer su per le vene o solo giacessero inermi al suolo mentre qualche gruppo ormai dimenticato accordava gli strumenti, tanto paiono sinceri seppure adeguatamente derivativi. A far due conti ci si accorge che manco era nato Linger, durante il punk, e che probabilmente è stato partorito tra un ‘Power Corruption & Lies’ dei New Order e un ‘The Lovecats’ dei Cure. Altrochè. L’avrà appreso nell’utero di mamma dacchè ‘Change/Return/Success’ è un capolavoro, davvero: sfodera scosse elettriche e lamette nelle fornaci incandescenti di Come Down o How Does It Feel Now You’re On Your Own? dove i Public Image Limited fuori dalle nebbie dub si immolano in una gang bang con i Fall e i Led Zeppelin. Grotesque. E’ il 1978 che bussa alla porta e irrompe con il suo carico di colla (la citata I Hate ModelsTrying To Be Someone Else For Free (in-cre-di-bi-le!); Mark E. Smith che piscia con disprezzo sui Vines (Getting Evil In The Playground ), mentre What Will You Say To Me è un infezione 1977 dal labbro sanguinolento passato tra le scudisciate dei Sonic Youth e così i rintocchi funebri di See Through Me, tra Ramones, Devo a 2 canali e Brainiac. E porcocazzo! Che hard rock maledetto, intubato e retroverso è quello di Nwod Emoc? Ti sgretola persino l’immagine di Linda Blair. Look da mercato delle pulci ornato da spray situazionisti (sulla scia di Clash e Manic Street Preachers), testi dal cinismo esasperante. Urla, e non un minuto di pausa. E poi quelle chitarre! Benedette da un Dio minore e uscite da chissà quale pozione venefica. Incredibili Neils Children, con l’Inghilterra in procinto di genuflettersi senza saperlo, non dovrete far altro che rimanere puri nella vostra corruzione e continuare a leccare codesti rosari. Guardatevi intorno Voi, a 21 anni i vostri amici sognano veline e si fiondano all’acquisto del nuovo tipo di cellulare. Questi scrivono capolavori. Con Campag Velocet disco del 2004, e chi se ne frega se tra qualche mese non ci saranno più. Questo è il più eccitante maleficio che Londra abbia avuto negli ultimi anni; dai tempi di (riempire la casella a piacimento, please ). Cielo coperto fuori, stanotte. Ma ugualmente 5 stelle brillano.

Voto: 10

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