OvO/K.K.NULL
OvO Cicatrici
Di Kittychan
Doppia riproposta e doppia recensione anacronistica, ma quanto mai attuale e necessaria, per i maestri del suono e delle soluzioni onnivoro-borderline.
Iniziamo dallo split a tre pollici OvO/K.K.NULL (cd 3”, Bar Las Muerte/ Sunship records, 2003)
La prima esperienza è come al solito tattile e visiva; la confezione del mini, la copertina e la scelta grafica, sono tutti elementi che ritardano l’inserimento del cd nel lettore, quasi bastasse sprofondare nello sguardo malinconico e impassibile delle ragazze in matita di Stefania per soddisfare le frequenti rimozioni psico noise della nostra esistenza…
La prima traccia è a cura di k.k. Null, celeberrimo ed eclettico esponente della scena noise giapponese, chitarrista degli Zeni Geva ed ex ballerino Butoh (!). Protostar è una specie di immersione – con conseguente risalita – fra gli ingranaggi di macchinari obsoleti: il borbottio space di un robot di vecchia generazione prima di essere rottamato o un omaggio ai giorni di gloria di pac man e compagni. La performance del giapponese ricorda un po’ i paesaggi elettronico industriali di Chu Ishikawa – quello di Tetsuo – in una possibile interpretazione di Panacea e la sensazione generale è quella di un divertito sguardo all’indietro.
Sguardo felicemente in avanti invece per gli OvO con due tracce remixate da miniwagonwheel ( ed ancora una volta il connubio con i Rollerball è vincente).
Se Protostar celebrava l’ultima escandescenza di un robot, in Claws i robot se la spassano nei nuovi quartieri della fantascienza urbana! Il montaggio fra atmosfere industriali e sincopi breakbeat scandisce perfettamente la parata spensierata di macchinari pieni di vita, spiriti giovani nel pieno del proprio tecnologico narcisismo esibizionista
Infine Tails: un algoritmo impazzito fatto di noise core, industrial e free jazz, un tripudio caldo ed acido per voci rumori e macchine – in gran stile OvO – a ricordarci quanto sia semplice e geniale tracciare una struttura senza che la si programmi (gli OvO frattali!!)
Assolutamente da avere questo split; di quegli oggetti che se li avessimo comprati a scatola chiusa in un negozietto underground di una metropoli X – presi da impulso feticista per la confezione -avremmo detto “Wow, da queste parti allora esiste ancora la ricerca!!”
Secondo: Cicatrici (Bar La Muerte-Ebria Records, 2004)
Cicatrici si apre con Candida, una ballata intrecciata, soffice e breve, ed è come se da un oblò stessimo assistendo al passaggio incantatore di singolari bolle di sapone ballerine.
Il doppio gioco del nome è anche il doppio gioco della sua funzione. Sì, candida è l’innocenza, ma anche quello strano fungo co-inquilino che alberga nelle nostre cavità intime. Candida è un fungo saprofita: ti abita insomma senza farti male. Viene il dubbio che si parlerà di cicatrici particolari, allora.
Sfuma o scoppia l’ultima bolla e, come vuole la tradizione, si apre il sipario: La peste (!!)
Dal fungo al batterio, un passaggio possibile nei mondi umidi ed infetti degli Ovo.
Il riff rozzo e tagliente della Peste scandisce i tempi della proliferazione; i raddoppi tribali di Bruno, la voce cavernosa e penetrante di Stefania contribuiscono all’ingrossamento imbarazzante dei linfonodi. Siamo in preda al delirio e all’allucinazione, o meglio, siamo infetti. C’era da aspettarselo….
Con Ombra nell’ombra si accende un ricordo, che ha il sapore di uno strano sogno. Bruno l’incappucciato percuote il basso in perfetta sincronizzazione rituale col proprio corpo. Il viso ci è negato. Stefania da un angolo del palco trita le corde con un innocuo pettine. L’impatto sonoro è indissociabile dallo strano sentimento di inquietudine visiva del live-set.
La stessa viscerale inquietudine trasuda dal disco: ed è un sollievo per chi temeva che la formula al 50% di composizione potesse frustrare l’intensità delle forze di impatto evocate – quasi si trattasse di stregoneria – dagli Ovo.
In Efesto, coda capovolta della precedente, tornano gli stessi fattori pestilenziali: ossessione industriale, corrosività e lame fra i dreadlocks di Stefania.
Rock and roll noise per La saponatrice di Ferrara, bellissima infrastruttura per batteri in libera copulazione – consonanti e vocali antropomorfe in una gara di tuffi con mostricciatoli di gomma e plastica (tiki a tin tin take). Una lotta di quartiere contro la disinfestazione, regolata dal gaudio punk, o meglio, un’impresa di strutturazione e igienizzazione sonica e valoriale che può reggersi solo a patto che si tratti di un gioco.
Come volevasi dimostrare la struttura è già persa, e Spezzata riprende i giochi d’acqua (di sapone si parlava) per farne una sinfonia rumoristica di singhiozzi sulfurei prima ed una squilibrata fiabesca filastrocca che si autodivora poi.
Siamo in zona gastrica (Spezzata si è appena divorata…) e gli Ovo si destreggiano in un canto rituale da post intelligenza artificiale: a orchestrare i cordoni viscerali c’è una drum machine di bacchette cinesi in moto perpetuo, un sorridente battitori di tamburi e delle narici vocali sintetiche attorcigliate su melodie orientali.
Phiphenomena, nasce da una performance live in Usa con Bruno ai pedali e Stefania alla voce e violino. Un capolavoro. Questo è il luogo degli Ovo o il luogo della guerriglia batteriologica: un vortice noise, impro distruttivo dell’intero spettro vocale, rumori, frequenze, pioggia nera, venti e correnti soniche.
Il fungo è ora quello ironico e vertiginoso della bomba H; l’infezione e la radiazione come potenze di una metamorfosi organica ineluttabile.
Infine il balsamo dolce di una chitarra folk – Signora bella con cane gentile – a ricucire le carni interrotte e le escrescenze verdastre da radiazione.
Il corpo è dunque sano e si torna alla candida, qualcosa che ti abita senza far male.
Gli Ovo fanno questo. Sono untori (di peste) e unti – l’unto è chi stato consacrato sacerdote in nome di Dio – al tempo stesso. E’ una musica rituale la loro: evocano le forze metamorfiche delle potenze batteriche e le lasciano libere di manifestarsi. Incuranti della forma che prenderanno, incuranti degli organismi che ne nasceranno. Incuranti dei sotto-organismi che contribuiranno alla metamorfosi. Carne, plastica, metallo, ologrammi, gomma e cartone per un unico organismo vivente. Ed è una metamorfosi balsamica, innocua, liberatoria.
Non sono molti i musicisti che sanno chiamare a sé una simile potenza.
E quando gli stregoni e le formule alchemiche sono troppo indecifrabili – la nota proprietà indigesta degli Ovo- sono i bambini a darci le chiavi del mistero: un cane a tre zampe ed una potente sciamana sono semplicemente “Signora Bella con cane gentile” (Stefania, vista la prima volta da un bambino).
Una chiave che non è un vezzo biografico ed autoriale, ma la non banale risposta alla inesauribile creatività borderline degli Ovo.
Le cicatrici sono l’ operato quotidiano della bellezza, della gentilezza, della dedizione e dell’onesta; sono questi i componenti segreti che rendono possibile la coagulazione fra le contraddizioni, i generi e i suoni impossibili, la schizo-polifonia latente alla voce, il noise e la canzone.
La cicatrizzazione fra malattia e cura è una questione di virtù…
Voto: 9
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Autore: kfraticelli@hotmail.com